Il 25 ottobre di questo anno il consiglio comunale della città di Napoli ha istituito per questo 10 dicembre la Prima Giornata cittadina della cultura del caffè napoletano. La scelta della data non è casuale. Il 10 dicembre infatti è la giornata del caffè sospeso ed anche la giornata internazionale dei diritti umani.
Sappiamo benissimo infatti che il caffè a Napoli non è una semplice bevanda. Dietro il fondo scuro di una tazzina si nasconde tanta cultura, tradizione e storia. Il rito del caffè sospeso infatti esprime tutta l’accoglienza e l’ospitalità di Napoli. L’iniziativa vuole tutelare l’identità culturale di Napoli e valorizzare simboli e tradizioni che fanno della città partenopea la capitale del caffè.
Nella seconda metà del ‘700 Maria Carolina d’Asburgo Lorena, moglie di re Ferdinando di Borbone, introdusse il rito del caffè nella città partenopea. Nacquero così le prime caffetterie e le prime imprese di torrefazione artigianale che resero subito Napoli la grande capitale del caffè in Europa. Molti testi letterari ci parlano del caffè napoletano. Sappiamo che nel 1799 la rivoluzionaria Eleonora Pimentel Fonseca espresse come ultimo desiderio prima di morire quello di bere una tazzina di caffè. Invece pare che Gioacchino Rossini durante i suoi viaggi a Napoli amasse bere il caffè napoletano con cioccolato e panna. Alla fine dell’800 aprì il “Gran Caffè Gambrinus”, che divenne subito uno dei più importanti salotti della città dove si riunivano personaggi illustri, artisti e nobili. Qui il caffè divenne molto più di un rito.
Il caffè napoletano non è altro che un caffè espresso o ristretto, dal gusto forte e deciso. La miscela infatti comprende una maggiore quantità di robusta affiancata a percentuali minori di arabica. Un’altra cosa fondamentale è che il caffè venga servito in una tazzina di porcellana bollente, la cosiddetta “tazzulella”. Luciano De Crescenzo riuscì a spiegare con grande maestria l’usanza del caffè sospeso:”Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo…”. Nel noto film “Così parlò Bellavista” De Crescenzo diceva: “Se viene fatto con amore il caffè può diventare buonissimo. Veda: quello il caffè da dentro alla caffettiera lo sente se c’è simpatia tra chi lo sta facendo e chi se lo deve bere”.