Il testo degli eventi è sempre uguale: uno scroscio di raid e poi la morte. Altri 12 palestinesi avrebbero perso la vita al quinto giorno di guerra, in seguito ai bombardamenti a Jabalya, Deir al-Balah e a Beit Lahia dove a farne le conseguenze è stata un’associazione caritativa per ragazzi disabili; il totale delle vittime degli attacchi israeliani ammonterebbe a 121, una cifra tristemente in continuo aumento. Secondo le indicazioni dei servizi d’emergenza, le ultime vittime sarebbero 3 uomini uccisi nella zona occidentale di Gaza City, accanto ad una moschea, e un 17enne, morto nella zona centrale della città.
La tecnica utilizzata dagli israeliani è stata filmata e postata su Youtube dalle persone del posto: prima fanno una telefonata a casa per avvertire dell’imminente pericolo, poi viene lanciato un piccolo colpo sull’edificio preso di mira dall’Intelligence; gli abitanti comprendono che sarà il prossimo obiettivo e sono costretti a fuggire in pochissimi minuti, subito dopo la granata sanguinaria sferra il colpo della distruzione finale. La stessa tecnica fu utilizzata dagli israeliani nel 2012, con l’operazione “Pilastro Difensivo”.
Per coloro che hanno problemi di udito, Shahar Dishbak, una 30enne audiolesa di Tel Aviv, ha escogitato un piano di messaggistica tramite smartphone: in ogni luogo di residenza c’è un gruppo composto da circa 50 persone che comunicano tramite Whatsapp; all’arrivo del primo missile ‘informativo’ parte istantaneo un messaggio per gli altri componenti del gruppo, impossibilitati a sentire sirene e rumori di bombe.
Nulla sembra presagire la fine della guerra e nonostante le pressioni del presidente Barack Obama a porre fine ai bombardamenti, il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, si è dichiarato poco propenso ad ascoltare le ammonizioni straniere: “nessuna pressione internazionale impedirà ad Israele di agire contro i terroristi. Soppesiamo tutto, ci prepariamo a tutto”, sottolineando che la maggior parte delle colpe per la morte di donne e bambini è da imputare all’avversario islamico che, a suo dire, “si nasconde dietro la gente”.
Blando e poco pratico sembra l’attivismo internazionale; il presidente italiano Giorgio Napolitano ha dichiarato che occupare Gaza potrebbe condurre a conseguenze inimmaginabili e il ministro degli esteri, Federica Mogherini, ha manifestato la sua preoccupazione per la mancanza di sicurezza in Israele e il continuo aumento delle vittime civili, lanciando poi un monito di “cessate il fuoco”. Ma nel frattempo gli israeliani non arrestano l’offensiva e si preparano a missioni di terra in vista di nuovi attacchi per altre vie: l’obiettivo delle truppe infiltrate a Gaza sembrerebbe essere quello di scoprire i cunicoli sotterranei all’interno dei quali Hamas avrebbe nascosto i leader politici; un’operazione assai rischiosa che costringerebbe i soldati a rintracciare Hamas nei bunker sotterranei e la popolazione civile verrebbe attaccata non più soltanto dall’alto.
Intanto la Marina statunitense ha lasciato a terra tutti gli F-35; David Dunaway, vice ammiraglio del comando della Marina, ha dichiarato: “in questo momento, non ho informazioni sufficienti per restituire la flotta F-35B e F-35C al volo”, sottolineando di non avere ancora informazioni concrete circa il guasto del 23 giugno al motore Pratt & Whitney su uno degli F-35 dell’Air Force, in totale fumo all’avvio verso la Florida. Un guasto a prima vista di poco conto, ma gli Stati Uniti sono in una situazione di imbarazzo per le esposizioni di aerei militari previste per questo mese, il Royal International Air Tattoo e l’air show di Farnborough; a questo si aggiunge l’incresciosa possibilità di un ritiro delle esportazioni da parte del Canada e della Danimarca. “C’è bisogno di valutazioni aggiuntive necessarie per partecipare all’air show di Farnborough nel Regno Unito, tra cui il volo per attraversare l’Atlantico e le performance nell’air show stesso”, ha dichiarato Dunway, fermo sull’idea di voler indagare sull’episodio e prevedere una ripartenza per il giorno 16. Un evento singolo quello del 23 giugno, lontano da un problema tecnico al sistema: l’ipotesi è quella di una manomissione ai motori per bloccare il controllo aereo statunitense nella striscia di Gaza.