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Eutanasia – depositato il quesito referendario in Cassazione

Lo scorso 20 Aprile, Marco Cappato esponente dei Radicali e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha depositato in Corte di Cassazione il quesito referendario per la legalizzazione dell’eutanasia.

Il testo mira alla parziale abrogazione dell’articolo 579 del codice penale (che disciplina l’omicidio del consenziente) e prevede che vengano mantenute le aggravanti nel caso in cui siano coinvolte persone fragili.

Nella medesima direzione vira anche la proposta già presentata alla Camera dei deputati e fissata per l’esame in Aula il prossimo giugno. Un piano prospettico esiste – “Farò quanto in mio potere per dare seguito all’iter delle proposte sul fine vita, da troppo tempo in attesa di una soluzione” – mette a punto Mario Perantoni (deputato M5S e presidente della commissione Giustizia della Camera), in convergenza di vedute con il collega e compagno di Movimento Giuseppe Brescia, che presidenzia la commissione Affari Costituzionali.

L’Agi, però, è meno ottimista nella considerazione delle difficoltà per l’approvazione di una legge di tale calibro – “si lavora sotto traccia a un piano B” – ovvero un testo che ripieghi sul suicidio assistito, attualmente legittimo soltanto in Svizzera.

A sostegno dell’iniziativa, ci sono Mina Welby, i genitori e la sorella di Luca Coscioni, e Valeria Imbrogno, compagna del Dj Fabo, oltre ai radicali e una rappresentanza senza riferimenti di confine di esponenti politici.

Proposta di legge ferma in Parlamento dal 2013

– “Sono passati 15 anni e non si è fatto nulla nonostante una proposta di legge di iniziativa popolare che giace in Parlamento dal 2013. I malati “- ha detto Filomena Gallo, leader dell’Associazione Luca Coscioni, – “chiedono di veder affermata la priorità libertà, non c’è più tempo. Oggi interveniamo con questo deposito per la legalizzazione dell’eutanasia“.

Il quesito referendario

– “Volete voi che sia abrogato l’art. 579 del codice penale (omicidio del consenziente) approvato con R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398,  comma 1 limitatamente alle seguenti parole «la reclusione da sei a quindici anni.»; comma 2  integralmente; comma 3 limitatamente alle parole «Si applicano»?” 

Il testo depositato fa riferimento all’articolo 579 del codice penale che regolamenta l’omicidio del consenziente, distinguendo l’aiuto al suicidio e depenalizzando l’eutanasia che oggi è vietata dalla fattispecie di omicidio del consenziente. Attualmente, in Italia, sono proibite sia l’eutanasia attiva: quando viene somministrato un preparato o praticato un atto che determina la morte del paziente; sia l’eutanasia passiva/omissiva: quando si sospendono tutte le cure, in modo particolare l’alimentazione e l’idratazione, al fine di affrettare la morte del paziente.

L’eutanasia attiva è, infatti, vietata sia nella versione diretta, in cui è il medico a somministrare il farmaco eutanasico alla persona che ne faccia richiesta (art. 579 c.p. omicidio del consenziente), sia nella versione indiretta, in cui il soggetto agente prepara il farmaco che viene assunto in modo autonomo dalla persona (art. 580, aiuto e istigazione al suicidio).

Per quanto riguarda la situazione legislativa italiana, il ricorso all’eutanasia attiva non è disciplinata in alcun modo, ma è altresì assimilabile all’omicidio volontario.
Nei casi in cui si dimostri il consenso del malato, si tratta del reato di omicidio del consenziente e le pene vanno dai 6 ai 15 anni di carcere. Sul versante opposto nondimeno, la sospensione delle cure, cioè il principio su cui si basa l’eutanasia passiva, è considerata un diritto inviolabile in base all’articolo 32 della Costituzione: Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge“.

Raccolta di firme fra luglio e settembre

La raccolta avrà inizio il 1° luglio e andrà avanti fino al 30 settembre 2021.
I banchetti ed i comitati di sostegno dovranno raccogliere 500 mila firme basilari affinché possa essere validato il referendum.

Ci sarà una raccolta firme nei mesi di luglio, agosto e settembre, perché in base alle norme del nostro Paese possiamo depositare le firme entro il 30 settembre di quest’anno. Se non sarà rispettato questo termine, tra elezioni del presidente della Repubblica e nuova tornata elettorale, dovremo rimandare tutto al 2023“, ha asserito Filomena Gallo.

“È arrivato il momento di far decidere ai cittadini su un tema che i politici si sono rifiutati di affrontare. Sono passati quasi otto anni da quando abbiamo depositato la proposta di legge per l’eutanasia legale, ma il Parlamento non l’ha discussa nemmeno per un minuto, nonostante le ripetute sollecitazioni della Corte costituzionale. Se non si interviene ora con il referendum, il problema sarà spazzato sotto il tappeto ancora per molti anni, e noi non lo vogliamo permettere, per rispetto alle troppe persone costrette a subire condizioni di sofferenza insopportabile imposta dallo Stato italiano”, – afferma Marco Cappato.

La questione del fine vita ha sollevato negli ultimi decenni un infuocato dibattito pubblico e politico. All’effettivo, in Italia, sono garantiti alcuni diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalla legge sul testamento biologico.

Il “testamento biologico” – comunemente definito come “dichiarazione anticipata di trattamento” o “testamento sulla vita” – fornito da un soggetto mentalmente lucido in merito alle terapie che intende o non intende accettare qualora dovesse venire il momento di trovarsi nell’incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o meno alle terapie proposte per malattie o lesioni traumatiche invalidanti ed irreversibili, tali da costringere a trattamenti permanenti con sistemi artificiali escludenti una normale vita relazionale.

Dj FaboEluana Englaro, Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, e prima ancora Karen Quinlan, Nancy Cruzan e Terri Schiavo sono le casistiche più note connesse al tema del fine vita ed al “tempo di nessunoper citare il libro di Donizetti, e che hanno sollevato un dibattito durato decenni.

Il Senato, il 14 dicembre 2017, ha approvato la legge sul cosiddetto “testamento biologico“, intitolata Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT). La legge è entrata in vigore ufficialmente a Gennaio 2018. Composta da 8 articoli, la norma mette finalmente il punto su una questione a ampiamente discussa nel nostro Paese, stabilendo la facoltà di “esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari“.

A tal modo, ogni maggiorenne nel pieno possesso della capacità di intendere e di volere, può disporre, “in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi“, le proprie volontà. Stabilisce altresì, attraverso “il consenso informato“, regolato dalla norma, la possibilità di decidere sulle proprie cure ed il diritto di “rifiutare, in tutto o in parte, qualsiasi trattamento sanitario“, compresi la nutrizione e l’idratazione artificiale. Altre questioni importanti incardinate nella legge sono il divieto di “ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure, in caso di pazienti in imminenza di morte” e il ricorso alla sedazione profonda, concordata con il paziente.

Come si fa un testamento biologico?

Le proprie Disposizioni anticipate di trattamento possono essere redatte in molteplici modi:

  • scritte a mano;
  • al computer;
  • registrate.

Dovranno poi essere validate firmandole alla presenza un notaio o di un pubblico ufficiale.
Infine, dovranno essere inserite nel fascicolo medico elettronico della Regione di appartenenza.

Se le condizioni fisiche non ti permettono di usare le forme citate in precedenza, puoi esprimere le tue volontà e “fare biotestamento” attraverso una  videoregistrazione e con l’ausilio di dispositivi tecnologici che consentono alle persone con disabilità di comunicare. (art. 4, comma 7, legge n. 219/2017)

N.B. Il testamento biologico è esente dall’obbligo di registrazione tributaria, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto o tassa. 

Si potrà nominare o non nominare un fiduciario (una persona di fiducia) che faccia le veci e rappresenti il paziente nella relazione con il medico e con le strutture sanitarie.
L’accettazione della nomina avviene attraverso la sottoscrizione delle DAT, oppure attraverso un atto successivo da allegare al testamento biologico.

Sedazione profonda e suicidio assistito: differenze

La sedazione profonda non conduce alla morte del paziente, ma ha l’esito intenzionale di ridurre od eliminare completamente la percezione del dolore sperimentato dalla persona. Quest’ultima viene indotta al sonno fino all’eventuale perdita di coscienza, pur conservando la capacità di respirare autonomamente. La somministrazione di questo tipo di sedazione – attraverso infusione continua di un farmaco che consente di raggiungere una diminuzione intenzionale della vigilanza – viene praticata in armonia di volontà con il paziente da un medico anestesista. Nel caso in cui si palesasse una condizione di morte imminente, o al seguito del rifiuto o della revoca del consenso a un trattamento sanitario salvavita, la sedazione palliativa profonda può sostenere il paziente eliminandone i dolori.

“Prima dell’entrata in vigore della legge 219/2017 sul “biotestamento”, non tutti i medici erano convinti della possibilità di operare la sedazione profonda. Sebbene molti ne rintracciassero la possibilità all’interno della legge 38/2010 sulle cure palliative, la non espressa previsione all’interno di questa legge frenava alcuni medici dall’aiutare i propri pazienti attraverso la sedazione palliativa continua profonda.”

Nel suicidio assistito, diversamente dall’eutanasia, il medico non porta a termine in prima persona l’atto necessario per porre fine alla vita ed alle sofferenze del malato. In tal caso, il medico si limita a munire il paziente dei mezzi utili ad ottemperare a questo gesto, senza intervenire direttamente, in prima persona. Ex. Dj Fabo ha messo fine alla propria vita mordendo un pulsante che ha attivato l’iniezione di un farmaco letale.

Così come l’eutanasia, anche il suicidio assistito è considerato un reato dalla legge italiana ed è equiparato alla istigazione o aiuto al suicidio. Nel novembre 2017, però, il tribunale di Milano si è pronunciato in maniera nuova sulla questione, stabilendo che non si può ostacolare la volontà di chi vuole recarsi all’estero per ottenere il suicidio assistito.

Inoltre, il caso di Dj Fabo e del processo nei confronti di Marco Cappato, arrivato di fronte alla Corte Costituzionale per stabilire l’illegittimità o meno – poi risoltasi con l’assoluzione di Cappato – del reato di istigazione al suicidio, potrebbe imprimere un’ulteriore svolta alla questione.