Emile Zola a Napoli. Alcuni decenni fa un ingegnere napoletano, mentre camminava per recarsi ad effettuare un sopralluogo in un palazzo del centro antico, fu attirato da una catasta di vecchi libri nei pressi di un cassonetto dell’immondizia.
Dato un rapido sguardo sarebbe passato subito oltre ma fortuna volle che uno di questi libri, privo di copertina, recasse in bella vista oltre al titolo (“La veritè en marche”) anche una dedica (à Diodato Lioy) e soprattutto una firma celebre, quella di Emile Zola. Anni dopo uno dei suoi figli, cui nel frattempo l’ingegnere aveva donato quel vecchio libro, iniziò delle ricerche, pervenute infine ad un’affascinante conclusione.
Il viaggio di Zola a Napoli
Emile Zola a Napoli. Nel 1894 il celebre romanziere francese aveva iniziato a progettare una trilogia dedicata rispettivamente a Roma, a Lourdes e a Parigi. Una volta arrivato nella Capitale era venuto a conoscenza che Matilde Serao, giornalista e scrittrice napoletana, aveva scritto “ Il ventre di Napoli” ispirandosi proprio al suo “Il ventre di Parigi”.
Questo il motivo per cui il 23 novembre da Roma partì alla volta di Napoli, volendo conoscere personalmente la Serao. Il suo soggiorno partenopeo durò cinque giorni, per poi far rientro a Roma.
Zola alla sede del “Roma”
A quel tempo la Serao scriveva per il quotidiano il “Roma” , giornale che ripetutamente aveva pubblicato in appendice romanzi di Zola. Fu pertanto organizzata la visita dello scrittore alla sua sede . Di questa visita abbiamo preziosi particolari nel resoconto stilato dallo storico Gino Doria. Questi raccontò che era presente tra gli altri anche il giurista e giornalista Diodato Lioy.
Notoriamente famoso per la sua tirchiaggine, “costretto ad un’insueta munificenza dalla qualità del visitatore”, ordinò per il famoso ospite al “ Café De Angelis” una tazza di caffè, “che arrivò gelato” e “una muffita pastarella”.
Le cinque giornate a Napoli di Emile Zola
Il 24 Novembre Zola andò a visitare Pompei. Il giorno dopo dedicò qualche ora al Museo Archeologico e successivamente a una passeggiata per Posillipo.
Forse anche per rimediare alla striminzita accoglienza offerta dal giornale, la sera del 26 novembre, ultima notte prima della ripartenza per Roma, fu organizzato in suo onore un sontuoso banchetto allo Scoglio di Frisio (sede dell’odierno Circolo Posillipo) cui parteciparono circa 200 invitati.
La “tessera d’ingresso” costava 20 lire e tra gli invitati molti intellettuali. Tra questi oltre ovviamente a Matilde Serao, anche Benedetto Croce ed Enrico Pessina. Il giorno successivo Zola rientrò a Roma.
Il ritorno in Francia
Nel diario “Il mio viaggio a Roma “ lo scrittore francese ha lasciato rapide impressioni sulla città partenopea.
“Donne in piedi e sedute, uomini accovacciati lungo i marciapiedi, bambini che giocano, greggi di capre che passano, che vengono munte. E cibo ovunque, su carretti illuminati la sera da grosse lucerne quadrate, melograni, frutta, frittura, pesce, molluschi e piatti pronti in mezzo alla calca, da mangiare lì sul marciapiede”.
“Tutto avviene all’esterno. Ogni finestra ha un suo balcone sospeso, come leggero, e sui balconi ci sono donne e bambini, quando non stanno in strada. Sui balconi le donne sono impegnate a cucire ogni tipo di panno, e si pettinano; per strada si fa ogni cosa, ci si lava, ci si spulcia, ci si veste, si mangia, si trascorrono intere giornate…un paniere discende attaccato al capo di una corda, per fare le provviste: la donna si sporge, grida al venditore le cose di cui ha bisogno, mette i soldi nel cestino, e lo manda giù.”
Il mistero della dedica a Diodato Lioy
Soffermiamoci sulla strana dedica scritta sul libro ritrovato per caso : “ à Diodato Lioy son dè none confrerès” (che tradotto significa più o meno “ il suo non confratello”) Non sappiamo se Zola diede personalmente la copia al giurista napoletano in occasione della visita al giornale . Tuttavia l’ipotesi è che lo abbia fatto recapitare al Lioy prima di ripartire. Il tono della dedica non sembra particolarmente amichevole e anche la scelta del libro non casuale.
Ne “La veritè en marche “ (La verità in cammino) appena pubblicato proprio nel 1894, Zola si era occupato dell’affaire Dreyfus. Alfred Dreyfus era un ufficiale ebreo presso il Ministero della Guerra francese. Fu accusato di rivelazione di segreti militari ai tedeschi. Dopo l’arresto avvenuto in Ottobre e un processo sommario era stato condannato e deportato a vita nell’Isola del Diavolo (Guyana francese).
L’affaire Dreyfuss
Emile Zola nel libro si espose contro la sentenza e contro i responsabili della condanna di un uomo che riteneva innocente scrivendo una dura requisitoria contro la ragion di Stato e in difesa dei valori di giustizia e di libertà.
Dopo quattro anni sarebbe ritornato alla carica con il J’Accuse…! (Io accuso…! ) un editoriale in forma di lettera aperta al Presidente della Repubblica di Francia. A seguito del quale tuttavia il Tribunale di Parigi lo condannò ad un anno di carcere. Zola era però già morto da quattro anni quando la Cassazione revocò la sentenza a Dreyfuss assolvendolo .
Diodato Lioy ed Emile Zola
Possibile che incontrandosi Lioy e Zola abbiano discusso del libro appena pubblicato scambiandosi opinioni contrastanti. Consideriamo che in Francia il clima contro Zola si era fatto pesante, motivo per il quale aveva deciso di prendersi una pausa allontanandosi grazie al viaggio in Italia.
Lioy era avvocato e possiamo presumere che Zola volesse convincerlo della bontà della sua tesi difensiva, mentre al contrario Lioy da giurista non fosse convinto delle argomentazioni di un letterato, per quanto famoso. Ma se sulla dedica e sul suo significato si possono fare solo ipotesi, resta comunque la storia di un incontro seppur breve e soprattutto del viaggio a Napoli di uno dei più grandi romanzieri dell’Ottocento. Al quale apparteneva con certezza la copia del libro fortuitamente ritrovato.