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Eduardo De Filippo, in arte Passarelli: tra storia e carriera

Eduardo De Filippo, in arte Passarelli, nacque a Napoli il 20 luglio 1903 e morì sempre nella sua città natale il 9 dicembre 1968. E’ stato un attore italiano dotato di straordinario talento, ma messo un po’ in ombra da altri personaggi del periodo.

Figlio di Anna De Filippo (sorella di Rosa De Filippo, moglie di Scarpetta) e del cognato Eduardo Scarpetta,  che fu uno dei maggiori esponenti del teatro partenopeo tra fine Ottocento e inizio Novecento, era fratellastro dei De Filippo. Dall’unione tra Scarpetta e Rosa nacque anche il fratello minore Pasquale ed entrambi ereditarono il cognome della madre. A loro si aggiunsero anche numerosi figli illegittimi di Scarpetta, tra i quali spiccano lo stesso Eduardo e Peppino De Filippo ed Ernesto Murolo.

Trascorse l’infanzia come figlio illegittimo a palazzo Scarpetta e come il padre ben presto si affacciò al mondo del teatro iniziando la lunga gavetta.  Suo fratello minore, Pasquale De Filippo, fu attore caratterista in molti film italiani e recitò anche al fianco del grande Totò.

La svolta lavorativa per Eduardo arrivò solo negli anni Trenta come spalla del famoso Totò. Eduardo scelse come nome d’arte Passarelli, proprio per differenziarsi dall’omonimo fratello.
Nel cinema prese parte a diversi film, come: Roma città aperta, di Roberto RosselliniLe quattro giornate di Napoli di Nanni Loy e tanti altri. Passarelli, inoltre,  esordì come sceneggiatore sempre con Totò, scrivendo copioni come la scena del tribunale nel film La cambiale. Passarelli non vestì mai i panni di protagonista, interpretò solo ruoli marginali e tra i figli di Scarpetta fu quello che ebbe minor successo.
Scrisse insieme ad Alessandro Ferraù un volume dedicato a Totò: Siamo uomini o caporali, film risalente al 1955, diretto da Camillo Mastrocinque e interpretato da Totò e Paolo Stoppa.
Nel film, Totò esasperato dalla prepotenza e dall’insensibilità dell’amministratore di un teatro di posa, al quale si è rivolto per avere del lavoro, minaccia di ucciderlo, per cui viene preso per matto e rinchiuso in osservazione in una clinica psichiatrica. Al medico che lo interroga Totò espone le sue idee sulla società e sulla vita sociale. Secondo lui gli uomini si dividono in due gruppi: gli uomini propriamente detti, cioè coloro che soffrono, che lavorano, che sudano, e i “caporali”, vale a dire coloro che fanno lavorare, fanno sudare, fanno soffrire gli altri. Per dare la dimostrazione pratica della fondatezza della sua teoria, Totò rievoca alcuni episodi della propria vita nel corso della quale è sempre stato messo nei guai da qualche “caporale”. Durante il periodo fascista, il ruolo di “caporale” è tenuto da un milite fascista che lo perseguita; nel periodo dell’occupazione tedesca, Totò è vittima del direttore del campo di concentramento che lo fa condannare addirittura alla fucilazione. Poi sarà la volta di un ufficiale americano che, abusando della propria autorità, tenta di sedurre Sonia, la fidanzata di Totò, e del direttore di un settimanale a rotocalco, che approfittando della buona fede di Totò, gli fa firmare un memoriale nel quale gli fa dire quello che Totò non ha mai pensato né detto. Quando Totò vuol pubblicare una ritrattazione, il giornalista lo fa condannare per truffa. Convinto dalle buone ragioni di Totò, il medico lo lascia libero ma uscendo dalla clinica il poveretto ha l’amara sorpresa di vedere la sua Sonia passargli davanti in una lussuosa macchina. Accanto a lei c’è il marito, un ricco industriale milanese. Un altro “caporale”.
Emanuela Iovine
Emanuela Iovinehttps://www.21secolo.news
Ambiziosa, testarda e determinata. Napoletana ma residente a Gallarate. Ho conseguito la Laurea Magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II", presentando una tesi dal titolo: "Tendenze Linguistiche del Giornalismo dalla carta al web". Iscritta dal Novembre 2016 all'Ordine dei Giornalisti Pubblicisti della Campania. Diplomata nel Giugno 2013 in danza classica e moderna e attualmente docente di lettere.