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Da Socrate a Rodari la cultura come strumento contro la sottomissione

Da Socrate a Gianni Rodari passando per i grandi autori illuministi è sempre stato chiaro che la chiave per la libertà fosse nascosta tra le pieghe della cultura.

Non lo studio fine a se stesso di tomi, né un titolo di studio ma la vera e propria conoscenza, quella che si spinge al di là degli schemi e delle imposizioni e che per questo ci rende liberi.

D’altro canto storicamente l’illuminismo si colloca proprio subito dopo l’oscurantismo medievale.

La luce della ragione, della cultura, del sapere che si contrappone all’oscurantismo di un periodo storico in cui pregiudizi e dogmi l’avevano fatta da padroni.

“Il sapere rende liberi, è l’ignoranza che rende prigionieri” : la celebre frase di Socrate

Il celebre filosofo greco, estimatore del dubbio come arma per superare i propri limiti, credeva fermamente che l’unica arma contro la schiavitù fosse la conoscenza.

D’altra parte erano solo gli uomini liberi che nel passato avevano accesso alla cultura, non certo gli schiavi. Anzi, questi ultimi in quanto schiavi non avevano assolutamente possibilità di istruirsi.

E ad essere onesti la mancanza di una visione diversa era proprio quello che occorreva per tenerli sotto il giogo del padrone, convinti di essere sotto il giogo del capriccio di qualche Dio.

Rodari e la parola come strumento di libertà

Lo scrittore Gianni Rodari scrisse: “Tutti gli usi della parola a tutti mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico. non perché tutti siano artisti , ma perché nessuno sia schiavo”.

Questa frase, nel tempo modificata per essere più fruibile a tutti nella sua semplice complessità, non si discosta molto dal pensiero socratico.

La conoscenza delle parole a portata di tutti. Questo per evitare che il loro utilizzo venga distorto contro l’interesse della collettività.

Non la pretesa di un mondo di scrittori, letterati e poeti, ma l’auspicio di un mondo libero.