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Critica: “Istruzioni per un giusto utilizzo”

La maggior parte delle azioni che compiamo rientrano in quella sfera che è definita “critica sociale”. Le parola però, non è vista esclusivamente come qualcosa di negativo, piuttosto, accompagnata da vari aggettivi o sostantivi, si adatta a descrivere diversi aspetti della realtà.

Tutto è soggetto a critica, che sia positiva, negativa, mirata a migliorare qualcosa, costruttiva, ogni cosa è esposta al “rischio”.

Per quanto riguarda la critica vera e propria, essa si discosta da quella definita – culturale – ossia, nozione umanistica che fino al Novecento corrispondeva al concetto di civiltà, modernità e sperimentazione. Ovviamente la critica culturale può assumere diversi contorni, essendo un concetto di tipo antropologico, configurandosi come diversità o controllo. In questo caso si tratta di “opinioni costruttive” rivolte a se stessi o agli altri.

Ovviamente, essa diventa costruttiva e non offensiva se inserita nel giusto contesto sociale e comunicativo. Solo utilizzandola in base agli schemi della comunicazione è possibile far funzionare il dialogo sociale di volta in volta come comunicazione artistica, sul quale si può esprimere un proprio punto di vista, talvolta negativo. In questo caso si può distinguere tra critica diretta: “Questo film non mi è piaciuto. “, oppure: “Il libro che hai scritto manca di quella verve che lo rende accattivante…).
Sono due affermazioni diverse; nella prima manca la motivazione e quindi sembra più una affermazione, che talvolta può essere interpretata come negativa, manca di argomentazione e potrebbe dare adito a dibattiti vari. Nel secondo caso invece, c’è una spiegazione a quanto detto e quindi un’apertura al dialogo.

Può sembrare strano ma la critica assume tutti questi contorni, se inserita nei numerosi sottogruppi e categorie che contraddistinguono i rapporti umani e con i quali l’uomo si interfaccia quotidianamente.

Oltre alla critica di natura culturale, esiste anche quella sociale di cui vi è menzione in ambiti quali: arte, musica, letteratura. Le opere letterarie più famose di critica sociale ci sono “Animal Farm” di George Orwell, “A Tale of Two Cities” di Charles Dickens. Nel mondo della pittura, tantissime opere di critica sociale si trovano all’interno del movimento chiamato “realismo sociale”.

Per definizione convenzionale ed accademica, la critica sociale si riferisce a qualcosa volto a sottolineare una ingiustizia o un sopruso. Un elemento che nasce in persone con spirito di osservazione ma che può rivelarsi polemico in alcuni casi e poco efficace dal punto di vista comunicativo.  Negli studiosi, alcuni dei più importanti critici sociali provengono dalla tradizione marxista, come la Scuola di Francoforte, e si concentrano

sull’egemonia culturale della società capitalista.

Indipendentemente dal tipo di critica, i giovani di oggi sono molto propensi a tale attitudine. Sì, perché secondo alcuni sociologi, oggigiorno la critica è diventata un escamotage per giudicare, ma anche quel – puntare il dito – dietro cui molti si nascondono. Si giudica l’aspetto esteriore, e lo si critica, senza nulla di costruttivo. Non capire questo aspetto porta ad una latente decadenza sociale.

Ecco perché la critica in sè, è analizzata è trattata, al di là di ogni aspetto prettamente filosofico, per comprenderne le modalità di “utilizzo” e anche il confine entro cui può essere usata.