Tra tutti i piccoli imprenditori, nel nostro Bel Paese, si distinguono gli artigiani, che rappresentano un tassello fondamentale nel mosaico produttivo. Nel primo trimestre di quest’anno si registra qualche timido segnale di ripresa, ma la situazione maturata in questi ultimi 5 anni di crisi economica è stata drammatica: l’Italia ha perso 75.500 imprese artigiane.
I dati elaborati dalla Cgia di Mestre indicano che l’artigianato è stato il comparto economico più colpito dalla recessione, fotografando una situazione pesantissima per il nostro Paese. I settori colpiti sono stati le costruzioni, i trasporti e il manifatturiero, che hanno segnato le performance più negative. Si denuncia che tra il 2008 e il 2013 le due principali categorie che costituiscono il cosiddetto popolo delle partite Iva, ovvero artigiani e commercianti, hanno subito una vera e propria strage. Se tra i piccoli commercianti il calo sfiora le 64mila unità, tra gli artigiani supera la quota dei 70mila. Di queste, poco meno di 12.000 operavano nel nord est. Nel Veneto infatti la situazione ha assunto i toni di una vera disfatta. Tra il 2009 e il 2013 mancano all’appello 9.800 imprese artigiane, di queste, 2.187 operavano in provincia di Treviso; 1.949 a Verona; 1.848 a Vicenza e 1.836 a Venezia. In Toscana si è avuta una diminuzione del patrimonio imprenditoriale artigiano del 7%, anche se l’intensità di tale crisi ha conosciuto gradazioni diverse a livello provinciale: si parte dal -2,3% di Massa-Carrara; il -2,4% di Prato, passando per il -5,2% di Firenze, fino al -9,8% di Siena.
“Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito”, segnala Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia. Infatti tra il 2008 e il 2013 la pressione fiscale in Italia è aumentata di 1,7%: l’anno scorso ha toccato il record storico del 44,3%. Anche il peso degli adempimenti burocratici ha assunto un livello insopportabile. Secondo i dati della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la burocrazia costa al mondo delle imprese italiane 31 miliardi di euro all’anno. Ciò implica che su ogni impresa grava mediamente un costo annuo pari a 7mila euro. A differenza di quelle più grandi, le piccolissime imprese non possiedono una struttura amministrativa al proprio interno e sono quindi costrette a rivolgersi a professionisti esterni, subendo costi annui ben superiori.
Inoltre il lavoro artigiano è profondamente cambiato. La parte “abilità manuale” diventa sempre meno importante poiché impianti, macchine, costruzioni varie, sono ormai in mano al software, all’elettronica, alle normative, alle strategie dei costruttori e dei fornitori. Quindi l’abilità puramente manuale ha perso peso. C’è da considerare anche che a differenza dei lavoratori dipendenti, quando un autonomo cessa l’attività non dispone di alcuna misura di sostegno di reddito e spesso si ritrova solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare.