Per il blogger nazionalista anti-Putin Alexiei Navalni non ci sono dubbi: l’omicidio di Boris Nemtsov è da imputare all’entourage di Ramzan Kadyrov, premier ceceno e uomo di fiducia del Cremlino a Grozny. Navalni fa sua la tesi del giornale Novaia Gazeta, secondo cui la morte di Nemtsov affonda le sue radici nella contrapposizione tra gli uomini della guardia privata di Kadyrov, detti anche kadyrovtsy, e i siloviki federali: i membri dei servizi segreti, delle forze armate e del comitato investigativo, in lotta tra loro per conquistare la benevolenza di Putin. Infastiditi dallo strapotere di Kadyrov, i siloviki, impongono al presidente russo la scelta tra loro ed il primo ministro della Repubblica caucasica, in quest’ottica l’ omicidio di Nemtsov sarebbe da intendersi come un “regalo” del fedele Kadyrov al suo caro Putin.
Dopo la “bomba” sganciata dal Novaia Gazeta, Navalni va anche oltre le indiscrezioni del quotidiano, rivelando su Twitter i nomi dei mandanti dell’ omicidio: Adam Delinkhanov e Suleiman Gheremeiev, deputato e senatore, che avrebbero agito attraverso Ruslan Gheremeiev, nelle fila delle forze di sicurezza del Ministero degli Interni ed ex guardia del corpo di Kadyrov.
Boris Nemtsov, 55 anni, uno dei più conosciuti oppositori del leader del Cremlino, politico liberale considerato un moderato, la sera del 27 febbraio viene colpito al torace da quattro colpi di pistola, mentre con la compagna, la modella Anna Durytska, passeggia sul ponte Moskvoretsky a Mosca. L’omicidio avviene a due passi dai palazzi del potere governativo russo, tra cui la residenza di Putin, in una delle aree ritenute più sicure della capitale, secondo l’agenzia di stampa Bloomberg. L’estremismo islamico la pista privilegiata dagli investigatori sin dalle primissime ore, vista la posizione di Nemtsov pro Charlie Hebdo. Dubbi che sembrano consolidarsi al ritrovamento da parte della polizia di quella che viene presentata come l’auto degli assalitori: una Zaz Chance chiara, di fabbricazione russa. L’auto porta la targa dell’ Inguscezia, repubblica autonoma a maggioranza musulmana situata nella regione del Caucaso, in passato teatro di scontri alimentati da frange dell’estremismo islamico.
Nemtsov muore esattamente il giorno prima di una dimostrazione da lui fortemente voluta contro la guerra in Ucraina, alla quale avrebbero preso parte i maggiori esponenti delle forze d’opposizione russa.
Nel 1991 diventa governatore di Nizhny Novgorod, la regione in cui è nato, e nel 1997 è sul punto di essere eletto Presidente, avendo già ricoperto l’incarico di vice premier durante l’ultima presidenza Yeltsin. L’arrivo di Putin al poter spazza via questa possibilità, ma Nemtsov non lascia la politica e continua la sua opera di oppositore liberale moderato e democratico. Nel 2014 denuncia il furto di 30 dei 50 miliardi di dollari spesi per le Olimpiadi di Sochi. Convinto che il conflitto in Ucraina dipenda dalle manovre segrete del presidente Putin, accusa il Cremlino di aver spinto per l’escalation militare ancora prima della dichiarazione di indipendenza della Crimea, seguita al referendum del marzo 2014. Chiede ripetutamente di interrompere il sostegno del governo alle operazioni dei ribelli filo-russi dell’est, agendo da “ponte” tra l’ Ucraina e la Russia, così lo definisce infatti il presidente ucraino Poroshenko.
Le indagini sull’ omicidio curate dal comitato investigativo, organo vicino a Putin, vedeno implicate cinque persone di origine cecena. La ricostruzione dei fatti però fa acqua da tutte le parti. Zuar Dadayev, detenuto nel carcere Lefortovo a Mosca, ascoltato da Andrei Babushkin, membro del consiglio per i diritti umani presso il Cremlino, rivela di aver confessato il delitto “sotto tortura”. Shagid Gubashev, anch’egli tra gli indiziati insieme al cugino Anzor, sostiene di essere stato picchiato e forzato a confessare. Mentre un filmato registrato dalle telecamere di un locale notturno demolisce l’accusa nei confronti di un altro sospettato: Tamerlan Eskerkhanov. L’uomo alle 23:26, quattro minuti prima dell’omicidio, si trova al lavoro in un night club ad una distanza dal ponte Moskvoretsky che non può assolutamente essere percorsa in quel breve lasso di tempo. L’ agenzia russa Interfax smentisce le voci della sul ritiro della confessione di Dadayev, mentre il comitato investigativo chiarisce che la giornalista Eva Merkaciova del Novaia Gazeta e il membro del consiglio dei diritti umani “saranno interrogati sui motivi che li hanno spinti a interessarsi delle circostanze della causa penale e a pubblicare materiali sui mass media”.
Ma chi sono gli organizzatori indicati dal blogger Navalni? Adam Delinkhanov, 46 anni, è un deputato della Duma per il partito di Putin “Russia Unita”, tra il 2006 ed il 2007 svolge l’incarico di vicepremier, e da diverse fonti viene indicato come il cugino di secondo grado di Suleiman Gheremeiev. In passato è finito nella lista degli indiziati dell’ Interpol con l’accusa di omicidio per la morte del comandante ceceno Sulim Yamadayev, guarda caso nemico giurato di Kadyrov. Suleiman Gheremeiev, senatore, è anche lui tra i fedelissimi di Putin a Grozny, pescato ancora una volta dalla ristretta cerchia di Kadyrov. Ruslan Gheremeiev, fa parte della stessa famiglia, nipote sia di Suleiman che di Delinkhanov, avrebbe anche un altro zio nelle alte sfera della polizia di Shelkovsk, in Cecenia.
Secondo la figlia di Nemtsov, Zhanna Nemtsova, intervistata dalla Bbc, esiste un responsabile “politico” di questo omicidio ed è Vladimir Putin.