martedì 16 Aprile, 2024
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L’esordio nel cassetto.

L’esordio lo infiocchettiamo, ce lo conserviamo nel cassetto dei ricordi, quelli belli, che danno lustro, anzi no, lo adagiamo sulla scrivania del nostro ufficio, dove andiamo a lavorare, vicino alle pratiche da definire perchè la missione non è compiuta, è all’inizio, anzi non è nemmeno all’inizio: la missione è allo stato embrionale. Si, perchè devono cessare i toni trionfalistici, seppur per una vittoria a così larga eco, prestigiosa, ma che non assegna alcun trofeo. Ci permette di guardare con grande ottimismo al prosieguo della grande avventura di questa stagione ma non deve far staccare la spina. L’atteggiamento compassato di mister Carlo Ancelotti è la miglior garanzia affinchè ciò non accada e il risottino malcelato e melense che ha sfoderato quando gli hanno riferito che mister “Klopp-Champions”( tre finali conquistate, di cui una vinta) ha incensato gli azzurri per un possibile futuro da campione d’Europa, ce lo conferma. In questi casi però, non si può mai sapere , in fondo “son ragazzi” e i ragazzi hanno bisogno di essere guidati. Pertanto già dalla “prossima”, nella quale c’è una partita difficilissima (parole del mister) i giovanottoni “batti-campioni”, dovranno metter zaino in spalla e marciare spediti in quel di Lecce, dove troveranno gli euforici soldatini di Liverani, freschi di impresa alla “Mole” di Torino dove hanno battuto la “fin allora” celebrata squadra di Walter Mazzarri, che le cronache frettolose e i tifosi ingrati hanno trasformato da volpe in asino in poche ore. Fanno sempre più specie, intanto, le passioni tradite dei tifosi che cantano sdegnati, di pseudo-tradimenti degli ex giocatori. L’ultimo in ordine di tempo è Fernando Llorente reo di aver baciato, dopo il gol del 2-0 segnato al Liverpool, la maglia del Napoli, dimenticando i tempi in bianco e nero: l’ennesima perla nella collana di un tifo patetico di cui ci si deve liberare come ci si libera di una camicia tutta impolverata con la quale non si può andare in giro. Non è più tempo di indossarla. Il concetto lo abbiamo già espresso in precedenza e riguardo all’eroe ripudiato Maurizio Sarri, che come tutti gli altri, compreso il succitato Fernando, va dove lo porta il vento della professione che dura un arco di tempo limitato e pazienza se intanto dovrà giocare contro il padre, il fratello o la squadra del cuore: il dovere prima di tutto. La lealtà è moneta da spendere quando si lavora per un club e si da l’anima per esso e per coloro che puntualmente ti pagano. La gratitudine nel calcio è un lusso che si trasforma in un vizio che distrugge. Almeno in quei novanta minuti non ha diritto di esistere.