Giuseppe, Alfredo, Vincenzo, Stefano, Marco, Nazzareno, Antonio, Ciro, Celestino sono solo alcuni nomi degli oltre 50 tifosi italiani che hanno perso la vita a causa di una partita di calcio.
In Italia il tifo violento miete vittime da sempre e dopo l’assurda morte di Ciro Esposito fa davvero tristezza vedere l’ultimo striscione esposto allo Stadio San Paolo di Napoli rivolto agli ultras della Roma “Ogni parola è vana… Se occasione ci sarà non avremo pietà“.
Questo ci fa capire che quella di Ciro è stata l’ennesima morte vana e che il calcio è uno sport destinato a essere continuamente sconfitto e umiliato dalla violenza.
Questo triste binomio tra calcio e violenza viaggia sullo stesso binario dal lontano 1963. È il 28 aprile e allo Stadio Vestuti c’è la partita tra Salernita e Potenza, chi vince va in Serie B. Durante la gara non viene fischiato un rigore ai campani e a quel punto i tifosi invadono in campo, la guerriglia tra poliziotti e supporter è inevitabile e durante i tafferugli un poliziotto spara un colpo in aria. Il proiettile vagante raggiunge Giuseppe Plaitano, il 48enne tifoso della Salernitana si accascia a terra senza vita e diventa la prima vittima del calcio violento. In seguito il caso sarà archiviato senza nessun colpevole.
Nel 1973 è Alfredo Della Corte a perdere la vita a causa degli scontri tra tifosi di Napoli e Roma, il giovane tifoso azzurro muore dopo essere stato sparato in piena faccia. Non bisogna dimenticare nessuna di queste vittime, Vincenzo Paparelli, 18enne supporter della Lazio, perde la vita nel 1979 durante un derby a causa di un razzo sparatogli nell’occhio.
Gli anni 80′ sono quelli in assoluto più bui, dove la violenza negli stadi diventa la normalità: Stefano Furlan muore nel 1984 sotto le manganellate dei poliziotti durante una partita di Coppa Italia tra Triestina e Udinese; Marco Forghesi, tifoso rossonero, viene per assurdo accoltellato da un altro ultras del Milan; Nazzareno Filippini e Antonio De Falchi perdono la vita durante gli scontri tra tifosi di Ascoli-Inter e Milan-Roma; il 14enne Ivan Dell’Oglio non muore ma resta sfigurato a vita a causa di un agguato con tanto di lancio di sassi e molotov, orchestrato dai tifosi della Fiorentina ai danni di quelli del Bologna.
Come non ricordare una delle pagine più nere del calcio mondiale, la Strage dell’Heysel il 29 maggio 1985, dove a causa di una carica degli hooligan del Liverpool morirono 39 italiani giunti in Belgio per incitare i giocatori della Juventus durante la finale di Coppa dei Campioni.
Durante gli anni 90′ l’ondata di violenza dentro e fuori i terreni da gioco prosegue inarrestabile e il numero di tifosi uccisi aumenta in maniera vertiginosa. Il 10 gennaio del 1993 perde la vita Celestino Colombi, 42enne tifoso dell’Atalanta, colto da un infarto durante le cariche della polizia fatte per disperdere gli ultras bergamaschi e della Roma; l’anno successivo a Messina muore Salvatore Moschella; nel 1995 è Vincenzo Spagnolo ad essere accoltellato dai tifosi del Milan, durante la partita tra rossoneri e Genoa; 3 anni più tardi muore Fabio Di Maio, anche lui per arresto cardiaco causato dalle cariche della polizia intervenuta per sedare la rissa scoppiata tra gli ultras al termine della partita tra Treviso e Cagliari.
Il 24 maggio 1999 viene giocata la partita decisiva per la permanenza in Serie A, tra Piacenza e Salernitana. Il giorno dopo alcuni supporter campani appiccano un incendio sul treno nel quale stavano viaggiando, nel rogo muoiono: Vincenzo Lioni e Ciro Alfieri, 15 anni, Simone Vitale, 21 anni e Giuseppe Diodato, 23 anni.
Il 17 giugno 2001 durante Messina – Catania, una bomba carta lanciata dalla curva avversaria ammazza Antonio Currò, tifoso della squadra dello stretto.
Nel 2003 perde la vita Sergio Ercolano, supporter del Napoli, precipitato dagli spalti durante gli scontri con la polizia prima del derby tra partenopei e Avellino.
Il calcio violento non risparmia nemmeno le divisioni minori, anzi, il 27 gennaio 2007 si scatena una rissa in campo tra le formazioni della Sammartinese e la Cancellese (partita di terza categoria – ndr). Ermanno Licursi, un dirigente della squadra di casa, nel tentativo di calmare gli animi muore rientrando negli spogliatoi a causa dei colpi ricevuti.
La violenza negli stadi oltre a coinvolgere le due tifoserie, vede spesso implicate anche le forze dell’ordine. Il 2 febbraio 2007 a causa degli scontri esplosi fuori allo stadio Massimino di Catania, (dopo il derby tra gli etnei e il Palermo – ndr) perde la vita l’ispettore di polizia Filippo Raciti.
Il calcio violento non ha un campo di battaglia, gli scontri avvengono in stazioni, stadi ma anche negli autogrill. L’11 novembre 2007 nell’area di servizio di Badia al Pino, nei pressi di Arezzo, a causa di una rissa tra ultras di Juventus e Lazio perde la vita Gabriele Sandri, sparato da un agente della polizia stradale intervenuto per sedare la guerriglia.
L’anno dopo sempre in un’area di servizio, stavolta tra Asti e Alessandria, muore travolto da un bus Matteo Bagnaresi, giovane tifoso del Parma.
Tante troppe morti, compresa l’ultima (speriamo davvero che sia l’ultima -ndr) di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ucciso da un colpa di pistola il 25 giugno 2014 a Roma, a causa degli scontri tra ultras partenopei e giallorossi.
Il calcio violento non ha colori; il calcio violento non risparmia nessuna fazione; il calcio violento può colpire chiunque: un tifoso tranquillo, un ultras, uno steward, un giocatore, un dirigente o un poliziotto; ma il problema più grave è la totale incoerenza: il calcio violento prima ti ammazza, poi ti piange e dopo ti ammazza un’altra volta.