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Gerd Muller: il prototipo dell’opportunista.

Non è per niente esagerato affermare che la storia del calcio mondiale vive un prima e un dopo Gerd Muller.

Prima, la forza fisica, la velocità, l’intelligenza e perfino la fantasia stavano al potere nelle grandi conquiste calcistiche, mentre dopo, a tutte queste, se ne aggiunge un altra: l’opportunismo, che è una miscela di peculiarità che vanno dal cinismo e la furbizia, al senso della posizione e della freddezza sotto rete. Tutte queste doti quasi mai si erano incarnate in un solo calciatore e sicuramente mai con risultati tanto eclatanti. Miglior marcatore assoluto della Bundesliga (365 gol) e secondo nella nazionale tedesca (68 gol, dopo Miro Klose), capocannoniere nei mondiali 1970 e negli europei 1972 quando si è aggiudicato il titolo mondiale ed europeo con la nazionale tedesca, quattro scudetti e coppe di Germania, tre coppe di campioni, una coppa delle coppe e una intercontinentale vinte con il suo Bayern Monaco condite da quattro titoli di miglior realizzatore nella coppa principe in Europa e sette titoli di goleador anche in Germania. Insomma una leggenda del pallone che noi italiani abbiamo avuto modo di maledire (come solo in una partita di calcio si può fare) perchè nella partita del secolo, Italia-Germania 4-3 (due gol furono i suoi), ce lo siamo ritrovato avversario, spietato e gelido, a mettersi in mezzo tra noi e la finale che valeva il trono mondiale con il Brasile di Pelè. Un campione la cui grande prolificità faceva passare in secondo ordine anche le proprietà tecniche e di palleggio che non gli facevano difetto e che l’hanno reso, secondo la celebre rivista calcistica “FourFourTwo”, il diciassettesimo miglior giocatore di tutti i tempi. Uomo schivo e serio al limite dell’umiltà “Gerd” è il prototipo dell’antidivo, ha lavorato silenziosamente come allenatore con i giovani del Monaco e ha fatto parlare di se in modo eclatante solo quando nell’occasione del suo settantesimo compleanno il presidente del Bayern, Karl Heinze Rumenigge ha comunicato ufficialmente al mondo intero che il “Bomber der Nation”  era malato. Alzheimer; una malattia che ti sconvolge la vita quotidiana perchè ti debilita fisicamente ma soprattutto mentalmente, ma che per fortuna non gli impedirà di festeggiare i suoi 73 anni.

E allora “auguri campione“, auguri proprio da noi italiani, che in una sera di tanti anni fa ti hanno maledetto per la tua classe e il sacrosanto attaccamento ai tuoi colori; colori che dopo tanto tempo si sbiadiscono fino a trasformare i grandi campioni, in campioni che appartengono a tutti.