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Bambini soldato: fenomeno ed emergenza globale

Si pensa sempre che i bambini soldato vengano reclutati con la forza o con la violenza. Uno studio di World Vision International dimostra che entrare a far parte di un corpo armato non sempre avviene tramite reclutamento segreto ma i gruppi armati in cui si entra possono essere semplicemente parte della vita di tutti i giorni dei bambini poi reclutati.

Sono decine, forse centinaia di migliaia, in questo momento, i bambini arruolati nei gruppi armati in almeno 14 paesi del mondo. Non esiste una statistica ufficiale, solo stime, per un fenomeno volutamente nascosto, considerato illegale dalle convenzioni internazionali. Oltre 30mila gli arruolamenti documentati a partire dal 2012. Solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più diffuso.

Le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto in cui si rivela che un totale di 8.521 bambini sono stati usati come soldati in varie zone di conflitto in tutto il mondo lo scorso anno. Il rapporto ha anche indicato che c’è stato un drastico aumento dei rapimenti di minori, di stupri e di altre forme di violenza sessuale nelle varie regioni di crisi o di guerra.

Il reclutamento e l’uso di bambini soldato sono al sesto posto tra le violazioni dei diritti dei bambini secondo la legge internazionale.
Questa pratica è un affronto alla dignità, alla sicurezza e alla salute del bambino. Ed è una tragedia che colpisce profondamente e negativamente i bambini, le loro famiglie e l’intera comunità.
Nonostante questo, ci sono almeno diciotto conflitti dal 2016 ad oggi nei quali sono combattono bambini soldato. Decine di migliaia di bambini e bambine sono attualmente utilizzati come soldati dalle forze armate e gruppi armati nel mondo.

Il rapporto annuale del capo delle Nazioni Unite Antonio Guterres sui bambini e sui conflitti armati ha documentato la violenza contro 19.379 bambini in 21 conflitti in tutto il mondo includendo inoltre una lista nera dei Paesi in cui i bambini sono più a rischio: Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Afghanistan, Siria e lo Yemen.

Le famiglie svolgono un ruolo importante nel mantenere i bambini al sicuro dal reclutamento ma sono anche spesso coinvolti nello spingere i bambini a aderire. In molti paesi come la Colombia non si parla di ragazze e ragazzi reclutati da bambini, ma più giovani adulti che stanno diventando indipendenti e che esercitano una volontà. La realtà è che le concezioni di infanzia e età adulta sono definiti contestualmente; questo cambia l’opinione sui comportamenti appropriati per le due differenti età, compreso l’unirsi o no a gruppi armati. La letteratura sulle strategie di prevenzione è debole, specialmente per quanto riguarda le strategie utilizzate dalle famiglie e dalle comunità per ostacolare attori esterni. Forse i meccanismi di prevenzione più visibili sono le piccole organizzazioni basate sulla comunità che forniscono servizi a famiglie e bambini stessi.

LE BAMBINE SOLDATO

Mentre i bambini sembrano unirsi alle forze armate molto più delle bambine, anche queste ultime vengono coinvolte in numeri che tendono a crescere a seconda delle località dei conflitti. I bisogni, le motivazioni e i rischi delle bambine sono chiaramente differenti da quelli dei bambini soldato. Spesso le ragazze vengono viste come “mogli” o “fidanzate” per i combattenti e questa è una prima differenza basata sul genere per le quali vengono reclutate nei gruppi armati.

La prospettiva di unirsi ad un gruppo armato viene presa molto più spesso in considerazione dai ragazzi. Le ragazze, invece, di solito si uniscono per avere quelle libertà che non avrebbero a casa.

LA REINTEGRAZIONE DI UN BAMBINO SOLDATO

La piena reintegrazione di un ex bambino soldato è un percorso lungo e complesso, ma possibile. Significa dare a un minore che ha ancora tutta la vita davanti la possibilità di reinserirsi nella vita civile, accettando di riconoscersi in un nuovo ruolo e in una nuova identità sociale e venendo accettati in questa nuova veste dalle famiglie e dalla comunità di residenza, a partire dal pieno riconoscimento politico e legale. E poi vedersi e potersi garantire le condizioni materiali per vivere in dignità, attraverso la partecipazione a percorsi di educazione formale e informale e l’acquisizione di nuove competenze, la tutela dell’unità famigliare, la possibilità di contare su mezzi di sussistenza di base.

Nella prima faseuna volta accolto in un luogo protetto, il minore ha accesso alle cure mediche necessarie e riceve un costante supporto psicologico ed emozionale.

Nella seconda fasei minori vengono ricongiunti con la famiglia di origine o affidati a tutori. Se hanno meno di 15 anni si favorisce il loro reinserimento nel sistema scolastico, sia attraverso corsi di alfabetizzazione e acquisizione di competenze di base, sia supportando economicamente chi si prenderà cura di loro. Se, invece, hanno più di 15 anni e non sono intenzionati a riprendere un percorso di studio, vengono coinvolti in attività formative utili a consolidare un’istruzione di base e ad imparare un mestiere confacente alla propria vocazione. Inoltre, viene garantito un sostegno utile all’inserimento lavorativo.