Aiuto: la mamma è “out of order”

Chi si ferma è perduto, ma se a fermarsi è la mamma a perdersi è tutta la famiglia! L’ho sperimentato sulla mia pelle questo weekend. Consolata dal solo fatto che almeno non dovessi provvedere anche agli accompagnamenti scolastici e affini (come la piscina) mi sono resa conto tra orgoglio e sconforto che senza di me l’equilibrio della famiglia vacilla. Pur con tutta la collaborazione possibile da parte di mio marito. Sabato, dopo pranzo, il mio corpo ha detto STOP. E dopo una settimana di raffreddore, dolori articolari, freddo e accidenti vari, volutamente ignorati da me, è arrivata l’ottava piaga d’Egitto. Un mix letale di emicrania a grappolo, cervicale, colpo della strega e nausea che mi ha costretta a chiudermi come i cavernicoli durante l’eruzione di un vulcano, nella mia grotta. Sepolta sotto il piumone, con i cuscini a mo’ di turbante nel buio più profondo ho iniziato a pensare che se fossi passata a miglior vita i miei figli non avrebbero avuto scampo al caos. Sì, noi madri in preda alla malattia ci facciamo avviluppare dal pessimismo più bieco, me ne rendo conto ora.
Nel buio i pensieri andavano a cosa potevano combinare i bimbi fuori dal mio controllo e a cosa avrei potuto far fare loro per tenerli occupati in maniera tranquilla nonostante la differenza di età. Sì, perché è certo che la soluzione più facile e più dannosa è la tv, qualsiasi età abbiano i piccoli. Piazzarli davanti a un bel cartone è una pausa benedetta per noi genitori ma non molto educativa per loro. Ma no, il mio mal di testa non mi avrebbe fermata. Ecco allora che sorgendo dalle ceneri come la Fenice mi armo di fogli e pennarelli per il grande e di cubi colorati per il piccolino. Seduta come un totem tra i due distribuisco i compiti ad ognuno. Una mano ricompone le pile di dadi colorati, che ad ogni crollo mi perforano il cervelletto come un trapano. Intanto commissiono disegni e ritratti al piccolo Picasso. Passa la prima ora e non mi sembra vero per cui mi pare cosa buona e giusta chiedere il cambio al mio consorte. Palleggiarsi la prole nei momenti di difficoltà è la soluzione migliore. Se una delle due metà è “out of order” l’altra non si può isterizzare poiché non proprio abituata alla gestione di due gnomi. D’altra parte si è genitori in due e specie nel momento della crisi bisogna collaborare di più. Il crepuscolo scende, l’ora X della messa a letto è arrivata. La vittoria è vicina. Sono sopravvissuta alla “mazzata” e i miei figli non si sono dannati. Da domani mi butto in un tour di accertamenti medici e terapie. Non posso più permettermi di essere “fuori servizio”, anche se quella grotta buia, sotto il piumone, infondo aveva il suo fascino. Come negarlo?