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lunedì, 29 Maggio 2023

Addio a Sibilia, storico patron dell’Avellino

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È morto questa mattina, nella sua casa di Mercogliano, in provincia di Avellino, Antonio Sibilia, storico patron dell’Avellino calcio, di cui è stato presidente per ben 30 anni. Malato da mesi, ‘O Commendatore, come lo chiamavano tutti, avrebbe compiuto 94 anni il prossimo 4 novembre.

Antonio Sibilia quando era presidente dell'Avellino
Antonio Sibilia quando era presidente dell’Avellino

Se ne va uno di quei personaggi che, nel bene e nel male, ha fatto la storia del calcio italiano. Eccessivo, irruento e rissoso, Antonio Sibilia è stata una di quelle figure che se non ci fosse stata si sarebbe dovuta inventare. Nato nel 1920 a Mercogliano, iniziò come manovale e arrivò ad essere uno dei principali imprenditori del meridione, nel settore delle costruzioni. L’approdo nel mondo del calcio fu una naturale conseguenza. La sua avventura al fianco dell’Avellino iniziò nel 1970, con la formazione irpina che vivacchia in serie C. Subentra, come presidente del club, ad Annito Abate e dopo soli 3 anni centra il primo obiettivo: la promozione in serie B. Nel 1978 raggiunge un nuovo traguardo, la promozione in massima serie, anche se nel frattempo ha ceduto la presidenza, rimanendo comunque all’interno del club. È questo il momento d’oro dei lupi bianco verdi, con ben 10 anni consecutivi di permanenza in serie A. Sibilia riassume la carica di presidente nel 1981 ma non fa in tempo a godersi le tre salvezze consecutive che iniziano i guai con la giustizia.

Nell’ottobre del 1980 partecipa, insieme all’asso brasiliano Juary, a un’udienza del processo che vede imputato il boss della Nuova Camorra Organizzata Raffaele Cutolo. Durante una pausa del processo, saluta il boss con tre baci sulla guancia e gli fa consegnare da Juary una medaglia d’oro con dedica (“A Raffaele Cutolo dall’Avellino calcio”). La storia non passa inosservata e Sibilia finisce nel mirino della Magistratura. Segue la detenzione ed un lungo processo per associazione per delinquere di stampo mafioso, che si concluderà con la totale assoluzione dell’imprenditore irpino.

Juary, l'asso brasiliano per cui Sibilia stravedeva
Juary, l’asso brasiliano per cui Sibilia stravedeva

Ma Antonio Sibilia è anche e soprattutto altro. È colui che diventò famoso in tutta Italia per i suoi strafalcioni linguistici (“fummo andati in Brasile e comprammo Juary”) e per il modo in cui trattava i suoi calciatori. Emblematico è il caso del centravanti argentino Ricatti, a cui Sibilia diede un vero e proprio ultimatum. “Se vuoi che ti prendo, tagliati i capelli. Hai 24 ore di tempo e solo perché il lunedì i barbieri sono chiusi”. A Vignola invece andò anche peggio, dato che il patron lo prese letteralmente a ceffoni dopo che il calciatore, a suo dire, gli aveva risposto male. In fondo Sibilia gli aveva solo chiesto: “Coniglio, perché non ti impegni?”. Ma aveva una vera e propria adorazione per Juary. Una volta rubarono l’auto al centravanti brasiliano e lui gliela fece ritrovare, informandosi solamente se avesse parcheggiato sul lato destro o sinistro della strada.

Sibilia era così. Prendere o lasciare. Ne sa qualcosa Dario Canovi, all’epoca procuratore di calciatori. “I procuratori non mi piacciono” ripeteva sempre don Antò. E Canovi se ne accorse un giorno del 1980, quando nello studio del patron si ritrovò una pistola puntata a dosso sulla scrivania. “Ma quale minaccia – spiegò Sibilia – semplicemente nella fondina della giacca mi dava fastidio”.

Ci mancherai Commendatò, pezzo di storia dell’Italia calcistica. E non solo.

Di seguito il video della storica lite in diretta televisiva tra il presidente Sibilia e l’allenatore dell’Avellino Giuseppe Papadopulo.

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