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sabato, 3 Giugno 2023

La megabatteriosi

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Claudio Melluso
Claudio Melluso
Collaboratore XXI Secolo. Medico Veterinario specialista in patologia aviare e del coniglio (Napoli).

La megabatteriosi (un tempo nota anche come “Micosi 80“) è una patologia che colpisce numerose specie di uccelli; è favorita da immunodepressione e trattamenti farmacologici errati, spesso arbitrariamente intrapresi dai proprietari.

A dispetto del nome comune assegnato alla malattia, l’agente eziologico è un fungo, Macrorhabdus ornitogaster, microrganismo che vive prevalentemente a livello dello stomaco ghiandolare ma che può, in caso di infezioni massive, raggiungere tutti i tratti dell’apparato digerente.

L’infezione avviene per contatto con tutto il materiale proveniente dal tratto digerente degli uccelli, ossia feci, saliva, rigurgito. La presenza di M.ornitogaster determina alterazioni digestive che interferiscono con l’assorbimento dei nutrienti presenti nell’alimento.

Gli animali affetti da megabatteriosi mostrano spesso scadente condizione del piumaggio, area pericloacale imbrattata di feci, dimagramento, aumento dell’appetito non correlato ad incremento ponderale. Non è infrequente osservare soggetti che trascorrono la maggior parte della giornata con la testa nelle mangiatoie per nutrirsi con voracità. Nelle feci si rinvengono a volte anche semi indigeriti.

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Foto: Claudio Melluso

La diagnosi si effettua mediante esame microscopico di uno striscio fecale colorato con il metodo di Gram, oppure, in caso di decessi in allevamento, mediante osservazione microscopica della mucosa proventricolare strisciata su un vetrino portaoggetti e sottoposta a colorazione.

La terapia, se iniziata per tempo, può essere risolutiva e consiste nella somministrazione di specifici antifungini (non tutte le molecole, infatti, risultano efficaci), immunostimolanti ed acidificanti. Gli alloggi e gli accessori devono essere accuratamente disinfettati, costituendo, se imbrattati di feci, una possibile fonte di reinfezione.

La somministrazione di antibiotici peggiora la situazione e non dovrebbe mai essere intrapresa. In molti casi è proprio questa pratica a determinare l’insorgere della malattia in quanto in molte specie di uccelli tale micete, se presente in quantità moderata, è considerato commensale dell’organismo (si isola infatti in molti esemplari selvatici), tuttavia l’eliminazione delle popolazioni batteriche competitrici a livello del tratto digerente da parte degli antibiotici favorisce la replicazione di Macrorhabdus ornithogaster, determinando la comparsa dei segni clinici.

Le specie maggiormente colpite dalle forme cliniche più gravi sono i pappagalli ondulati, i carduelidi, gli spinus ed i canarini.

E’ consigliabile a scopo preventivo la somministrazione periodica di opportuni prodotti acidificanti nell’acqua da bere.

E’ fondamentale l’esecuzione periodica di esami delle feci da parte del veterinario competente in quanto nessuna terapia farmacologica può essere intrapresa sulla base dei soli sospetti clinici.

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