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31 agosto 1867, muore Baudelaire

Quando parliamo di Charles Baudelaire, nato a Parigi, luogo amato e odiato dall’autore, nel lontano 1862, ci inoltriamo in uno dei meri maestri della parola di tutti i tempi, capace di entrare in tutti i prismi della società dei suoi tempi, scavando nell’uomo con un metodo antitetico da quello positivo, allora in voga nella Francia e nell’Europa del secondo Ottocento.

Precursore e caposcuola della lirica “maledetta”, per le sue pose e la sua modalità di composizione, in cui cerca di eliminare il sentire romantico per la sensazione e l’ignoto, Baudelaire è il padre della poesia contemporanea, ispiratore del maledettismo di Rimbaud e Verlaine, dell’illuminazione di Mallarmé e del panismo dannunziano.

La poesia di Baudelaire, definita da Montale “Metafisica”, per la capacità di scagionare e liberare l’enigma tra i rapporti umani, nell’amore e nella vita; in Baudelaire prende forma il senso di disagio che l’artista affronta dinanzi alla trasformazione industriale, urbanistica ed culturale che sta vivendo il suo tempo, a cui allega la scissione tra la Natura e l’Uomo, il quale prova un senso di smarrimento insieme ai propri valori tipici oramai decaduti, divenendone la figura critica princeps, attraverso due immagini chiave, come il bohemien e il dandy.

Avvalendosi della poetica del simbolismo, marchio di fabbrica della lirica di Baudelaire, l’autore cerca di ricreare i legami, riprodotti attraverso elementi metrici come la sinestesia e l’analogia, interrotti dall’uomo, ma, che la stessa natura lascia intravedere al poeta capace per sensibilità a coglierli.

I Fiori del Male rappresentano proprio l’itinerario di ricerca verso questo nuovo legame, svanito e svilito ma da ricreare, attraverso il bello che rompe il grigiore della civiltà industrializzata ed attraverso l’adozione di immagini desunte, non dalla letteratura, ma dalla vita quotidiana e traslate nel mondo in cui il male, ricavato dall’orrido, dalla paura e dall’incubo, diventa la chiave esegetica reale delle cose.

Ma, nonostante oggi sia osannato da critica e autori, Baudelaire ha subito molte vessazioni a causa delle sue posizioni e delle sue opere. Gli stessi Fiori del Male furono soggetti a processo per oscenità, nel 1857, e l’edizione fu ripubblicata dopo l’espunzione di alcuni testi, tra cui la sezione dei “Relitti”.

Nota inoltre è anche l’immagine dissipatore del poeta, il quale dal 1864, anche a causa delle precarie condizioni economiche, nonostante avesse ereditato una grossa fortuna, ma soprattutto per il consumo accresciuto in questi anni di alcolici e droghe come hashish e oppio. Infatti, dopo il rifiuto dell’ Academie Francaise e vari lutti, decise di dirigersi a Bruxelles, dove restò fino a poco prima di morire.

Colpito da una paralisi nel 1866, maggiormente amareggiato dal lungo soggiorno belga, ritornò per soggiornare in una clinica presso Parigi, mentre la sifilide, che da tempo non lo lasciava, raggiungeva in fase terminale, si spegneva nel 1867 tra le braccia della madre.

Ad oggi, l’unico luogo in cui Baudelaire è ancora vivo è certamente il Quartiere Latino di Parigi, a pochi passi dal Louvre, in cui il padre del modernismo diede sfogo alla sua creazione.

Ma mi consola la voce, e dice: “Custodisci i tuoi sogni:
belli come quelli dei pazzi, i saggi non ne hanno!”

 

 

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."