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30 marzo 1853: nasce il pittore olandese Vincent Van Gogh

Il 30 marzo 1853 veniva alla luce l’astro più splendente della pittura nederlandese: l’artista Vincent Van Gogh.

Ancora oggi ricordato e celebrato in tantissime opere d’autore, siano essi brani musicali, testi letterari o anche solo cartoni animati, il paesaggista della natura morta continua a regalarci momenti di pura emozione alle diverse mostre di fama internazionale.

Ma chi è questo ritrattista che, nel corso della nostra vita, ci porta per mano negli abissi più profondi della disperazione, della solitudine o anche solo tra incantevoli agglomerati di frutti e fiori?

È una personalità dall’animo tormentato e dalla vita afflitta da dolori e delusioni: la sua stessa data di nascita sta a indicare l’anniversario della morte di uno dei suoi fratelli.

La madre di Van Gogh concepì, soltanto un anno prima, il primogenito della famiglia che nacque, però, morto.

Ironia della sorte o beffa del destino, così come anche i più disparati studiosi ritengono sia, Vincent Van Gogh porta lo stesso nome del primo membro del suo nucleo familiare, all’epoca deceduto.

Una nascita che coincide con una morte e che sembra già preannunciare lo svolgersi un percorso non propriamente lieto.

È il primo di cinque fratelli, fra cui Théo, fondamentale punto d’appoggio dell’artista.

Van Gogh resterà, infatti, per tutta la durata della sua esistenza, un genio incompreso, un uomo che troverà troppo tardi la sua vera inclinazione.

Capirà solo nell’ultimo periodo della sua vita che era stato concepito per creare arte, e sebbene sia riuscito a realizzare 900 dipinti e più di mille disegni, saranno ben pochi i suoi successi, conquistati in tarda età.

L’inizio della fine

La fortuna comincia ad abbandonarlo fin da quella che oramai ci è nota come età dell’adolescenza, momento in cui, scoprirà di non essere portato per lo studio.

Lascia ben presto la scuola secondaria di Tiburg, per scarso rendimento. Lo zio Cent tenterà allora di fargli ottenere un impiego presso una nota casa d’arte, denominata Goupil e Co, ed è qui che comincia a prendere vita, nell’animo del futuro artista, una ancora moderata passione per l’arte in generale.

Durante tale lasso di tempo inizia a viaggiare e a fare la conoscenza della capitale francese, Parigi, città che gli starà per sempre a cuore e che sarà, parzialmente, matrice di  gran parte del suo destino.

Parigi gli farà vivere la sua prima delusione amorosa, che lo farà sprofondare in una crisi depressiva senza precedenti.

La vocazione religiosa

Dopo aver perso l’impiego presso la casa d’arte consigliatagli dallo zio, Van Gogh intraprende un percorso mistico.

L’olandese ritiene, inizialmente, che la sua vera vocazione sia di tipo religioso e, per anni, sarà devoto fedele, dai valori francescani.

Egli vorrebbe rinunziare ai beni terreni, in modo da dedicarsi alla contemplazione con la sua interiorità.

In Olanda e in giro per l’Europa cercherà impieghi di natura religiosa e, applicando alla lettera i valori dell’umiltà e della povertà, il disegnatore farà dono ai poveri del suo immenso spirito di sacrificio.

In modo particolare in alcune poverissime zone del Belgio, prodigherà tutti i suoi averi, anche in miseria, cosicché potessero goderne quelle popolazioni di minatori così indigenti.

La svolta

Negli anni 80 dell’800, il pittore finalmente realizza che il suo vero scopo nella vita è quello di dar forma artistica a quello che osserva.

Si convincerà di tale pensiero quando saprà per certo che, sublimando le sue sofferenze attraverso l’arte, arriverà anche a diffondere, in maniera più eclatante, la sua solidarietà e vicinanza ai più bisognosi. Si pensi a quadri come “I mangiatori di patate”.

Inizia così a produrre i suoi primi dipinti di nature morte, il tutto vivendo sempre attimi angoscianti, come innamoramenti non corrisposti o relazioni inadeguate.

Affiorano i suoi primi tentativi di suicidio, ma anche il suo talento, avendo creato i primi capolavori, i primi “Van Gogh“.

Successo, ma anche tanti drammi

Cominciando a ottenere fama, si inasprisce parallelamente anche l’animo dell’esteta, che sarà costretto a veder consumarsi troppi drammi.

Fra tutti, uno dei più noti è il taglio del lobo dell’orecchio sinistro, in seguito a una lite con Gaugin.

Dopo anni ancor più tormentati e incerti, l’artista trascorre il resto della sua vita in Francia, in diverse cliniche e poi  nel paese del dottor Gachet, un amico del fratello.

Durante gli anni in cui la comunità scientifica cerca di definire il disturbo mentale dell’artista, questi seguita nel dedicarsi all’arte, giungendo a portare a termini capolavori eterni quali La Notte Stellata o Campo di grano, con volo di corvi.

Infinite distese naturali che ben comprimono l’immane personalità di un artista segnato da un amaro destino e, allo stesso tempo, ammirato dai più grandi geni del campo artistico.

Ritrattista, paesaggista e poi impressionista, il critico Aurier riuscì a descrivere la genialità di Van Gogh, in poche righe: “Le segrete caratteristiche delle linee e delle forme, ma più ancora dei colori, le sfumature invisibili alle menti sane, egli è un simbolista, perché sente la necessità di rivestirle di idee.”