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29 ottobre 1268: Corradino di Svevia venne giustiziato a Napoli

Era il 29 ottobre del 1268, quando Corradino di Svevia, l’ultimo della casata degli Hohenstaufen, veniva giustiziato in Piazza Mercato a Napoli.

Nato il 25 marzo 1252 a Landshut in Bassa Baviera, Corradino di Svevia era figlio dell’imperatore Corrado IV e di Elisabetta di Wittelsbach, suo padre era figlio del grande sovrano illuminato Federico II di Svevia, nonché pronipote dell’imperatore Federico Barbarossa.

Invece sua madra era figlia del Duca Ottone II di Baviera e apparteneva alla più antica casa nobiliare tedesca, i Wittelsbach, la stessa di Elisabetta di Baviera, futura imperatrice d’Austria, più comunemente ricordata come “Sissi”.

La vita di Corradino di Svevia è segnata sin dal principio da tensioni e lotte per la successione al trono: finì al centro di una lotta tra i suoi zii per la successione nei vari titoli e possedimenti di suo padre, che lo lasciò già orfano all’età di 2 anni.

Essendo così piccolo, e già detentore di titoli dinastici importanti, il papa Alessandro IV gli riconobbe i titoli di Re di Gerusalemme e Duca di Svevia, però non gli volle riconoscere il titolo di Re di Germania e di Re di Sicilia. 

Ciò permise a suo zio Manfredi, fratello di Corrado IV, di prendere su di se la reggenza del regno di Sicilia, tuttavia quest’ultimo la perse perché sconfitto e ucciso da Carlo D’Angiò nel 1266, nella battaglia di Benevento; inoltre il papa di allora Clemente  IV, confermò Carlo D’Angiò come sovrano di Sicilia.

Corradino, che nel mentre era cresciuto e già all’età di 15 anni aveva acquisito consapevolezza della sua posizione, data la corona di Germania ormai persa, pensò che avrebbe potuto rivendicare la corona di Sicilia.

Così cominciò la sua crociata per la riconquista del regno di Sicilia.

Corradino di Svevia venne supportato da un gruppo di cortigiani napoletani, memori del buon governo degli Hohenstaufen, e in particolare di Federico II di Svevia, uniti poi dall’odio per i francesi, che vedevano in lui un sovrano giusto e gentile.

Alcuni di questi erano nomi conosciuti, che erano già stati al servizio dello zio Manfredi, come Galvano Lancia, Corrado Capece, Tommaso d’Aquino e Roberto Filangieri.

Fu così che il giovane principe, all’età di quindici anni, si mise al comando di un esercito e nel 1267 scese in Italia.

Egli sperava di ricevere quanto più appoggio possibile durante la sua discesa, è così fu: si fermò prima a Verona e poi a Pavia, mentre il suo esercito si incrementava man mano che avanzava, arrivando a contare circa seimila uomini. A Pisa lo colse la scomunica papale e la conseguente perdita del regno di Gerusalemme, dopodiché si diresse verso Roma.

Il 24 luglio 1268 entrò a Roma dove fu accolto festosamente dalla popolazione e da una parte della nobiltà romana, un’altra parte della nobiltà papalina però si mantenne neutrale, mentre la restante nobiltà rimase fedele al Papa.

Carlo D’Angiò, avvertito dell’avanzata del suo rivale, nonostante fosse impegnato dalle rivolte che stavano scoppiando in tutto il Regno, dovette muovere con il suo esercito incontro a Corradino.

I due rivali si sarebbero scontrati a Campo Palentino, dove il 23 agosto del 1258 iniziò lo scontro, conosciuto come Battaglia di Tagliacozzo. 

Equivocando la sua vittoria, Corradino credette di aver sconfitto i tre gruppi dell’avversario, in un momento di confusione cominciò la sua razzia; ma ecco che il terzo gruppo rimasto in disparte in attesa del momento giusto, giunge sul campo di battaglia e sconfigge l’esercito nemico. 

Corradino riesce a fuggire dal luogo della battaglia con 500 uomini. In principio si diressero a Roma, dove però era cambiato il clima e l’accoglienza non fu favorevole, dopodiché raggiunsero Anzio con l’intenzione di imbarcarsi verso Pisa; ma il nobile locale, Giovanni Frangipane, un tempo alleato del giovane svevo, ma poi passato tra le fila papaline, catturò Corradino e i suoi compagni e li consegnò a Carlo d’Angiò, che subito li fece rinchiudere nelle segrete del Castel dell’Ovo a Napoli.

Corradino, a soli 16 anni, venne accusato del reato di lesa maestà, in base al codice emanato da Federico II, fu condannato alla decapitazione insieme ai suoi compagni di sventura.

È in questo frangente che si tramanda una famosa frase che il papa, interpellato in merito alla condanna, sentenziò : “mors Corradini, vita Caroli; vita Corradini, mors Caroli”.

Il 29 ottobre 1268, all’età di sedici anni, Corradino di Svevia, insieme ai suoi compagni, fu giustiziato in piazza Mercato a Napoli.

Si dice che prima di morire gettò un guanto alla folla, che fu raccolto da Giovanni da Procida, medico e consigliere di Federico II, in seguito promotore della rivolta in Sicilia contro gli angioini, conosciuta come rivolta dei Vespri Siciliani.