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29 agosto 1862: Garibaldi fermato sull’Aspromonte

La giornata dell’Aspromonte ebbe luogo venerdì 29 agosto 1862, quando l’esercito regio fermò il tentativo di Giuseppe Garibaldi e dei suoi volontari di completare una marcia dalla Sicilia verso Roma e scacciarne papa Pio IX.

L’Italia era da poco un regno ma non ancora unita: all’unità nazionale mancavano ancora il Lazio e il Nord-Est. Così, nell’agosto 1862 Garibaldi e i suoi decisero di puntare a Roma partendo dalla Calabria, impresa questa, eroica ma destinata al fallimento.

L’avventura calabrese per Garibaldi iniziò il 25 agosto con lo sbarco a Melito Porto Salvo. In duemila si incamminarono in colonna verso Reggio Calabria ma vennero attaccati e ripiegarono verso l’Aspromonte.

Garibaldi contò i suoi uomini, da duemila ne erano rimasti 500 circa. Il 29 agosto le camicie rosse furono attaccate da un reparto di bersaglieri guidati dal colonnello Pallavicini di Priola. Giuseppe Garibaldi era sicuro che si sarebbero accodati a loro quando lo avrebbero visto, ma non fu così. Ci fu una sparatoria con morti e diversi feriti.

Lo stesso Garibaldi venne ferito nel conflitto a fuoco. Fu il bersagliere Luigi Ferrari, nativo di Castelnuovo Magra, provincia di La Spezia, a sparare a Garibaldi per obbedire ad un ordine, ma non lo uccise perché decise di non farlo. Abbassò il fucile e mirò alla gamba.

Luigi fu l’unico eroe del Risorgimento a non poter andare fiero del suo gesto eppure fu centrale e decisivo nella stagione che fece nascere l’Italia, ottenendo la medaglia d’oro “per aver adempito all’amaro compito di fermare il generale Garibaldi in marcia verso Roma”.

Non fu questa né la prima né l’ultima delle ferite subite in guerra da Garibaldi certamente ne è stata la più importante sia per il contesto storico in cui si verificò che per la travagliata storia della sua guarigione. Ci vollero non meno di 30 tra medici, fisici, chimici ed un anno di tempo perché Garibaldi tornasse a camminare guarito.

La ferita costrinse Garibaldi a mesi di immobilità. Si chiudeva, così, nel peggiore dei modi, la stagione del Risorgimento. Garibaldi fu rinchiuso nel penitenziario di Varignano, da cui uscì nell’ottobre di quell’anno.

Dopo un altro sanguinoso tentativo fatto da Garibaldi nel 1867 nella battaglia di Mentana, dove fu sconfitto da francesi e pontifici armati, Roma sarà liberata dai bersaglieri solo nel 1870, dopo la sconfitta di Napoleone III a Sedan ad opera dei prussiani.

Dora Caccavale
Dora Caccavale
Nata a Napoli (classe 1992). Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autrice del libro "Lettere di Mattia Preti a Don Antonio Ruffo Principe della Scaletta" AliRibelli Editore. Organizzatrice di mostre ed eventi artistici e culturali. La formazione rispecchia il suo amore per l'arte in tutte le sue forme. Oltre alla storia dell'arte ha infatti studiato, fin da bambina, danza e teatro. Attualmente scrive per la testata XXI Secolo.