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28 ottobre: le “camicie nere” entrano nella capitale.

In quel tempo lo Stato stava subendo un rapido disfacimento e il Presidente del Consiglio , Luigi Facta, propose il 26 ottobre le dimissioni dei ministri. Proprio in quel momento, il congresso fascista di Napoli stava proclamando la rivoluzione.

Facta volle chiamare i fascisti a partecipare al governo e nella sera del 26 cominciò la loro mobilitazione.

Gli  squadristi stavano ormai partendo alla volta di Roma ; Mussolini nel frattempo si era ritirato in un luogo sicuro  in attesa che tutto fosse, e intanto Facta sperava ancora di poter formare una coalizione con Mussolini.

il 27 ottobre il Presidente del Consiglio andò ad accogliere il re al suo arrivo alla stazione e presentò le dimissioni del gabinetto. Il re acconsentì a questa decisione e non solo, lo autorizzò anche , se necessario, a proclamare lo stato d’assedio.

Come sempre, durante la notte il centralino telefonico del ministero dell’Interno, rimase fuori funzione. Si ritenne che Facta avesse lavorato segretamente per preparare il ritorno di Giolitti al potere, ma noi oggi sappiamo che fosse in contatto con i fascisti. Giolitti si convinse ben presto che il Presidente del Consiglio, che credeva un suo seguace, avesse fatto il doppio gioco, essendosi poi avvicinato alla causa fascista.

Facta fu informato da Salandra di una possibile marcia su Roma da parte dei fascisti, ma non credette alla fondatezza dell’avviso e sperò ancora in un’intesa con Mussolini.

Due giorni dopo però , arrivarono notizie precise sulla mobilitazione ed egli fu costretto a fare ammenda. Si decise a tal punto di proclamare lo stato d’assedio, ma sopraggiunse un vero e proprio colpo di scena: poco dopo le 9 del mattino, Facta si recò a palazzo per ottenere la firma al decreto di proclamazione dello stato d’assedio.

Vittorio Emanuele III rifiutò. Il 28 ottobre le colonne fasciste entrarono nella capitale.

Con il suo gesto il re si rese complice dell’avvento del fascismo al potere e il 30 ottobre Mussolini giunto da Milano, arrivò a Roma e ricevette dal sovrano l’incarico di formare il nuovo governo.

Oggi, alla luce delle conoscenze su tale avvenimento e delle sue conseguenze, si può giurare come sia questo sia stato determinante per la storia d’Italia.