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Petra Vivat. Intervista a Giuseppe Russo

La Storia spesso deve partire dal comune e dal quotidiano per aprire i battenti e dar luce a quello che è ormai arcano e sepolto nella memoria. Giuseppe Russo, giornalista e storico campano l’ha compreso quasi in maniera ante litteram, impostando un nuovo metodo d’osservazione storiografica alla Campania e all’Italia nella drammatica epoca della Seconda Guerra Mondiale. Il papà de “I Caduti di Pietra” non ha esitato e ci ha concesso di parlare di storia, quanto del mondo attuale.
Da quale input è partita la sua ricerca così vicina alla scuola braudeliana ed impostata come lei stesso dice “petra vivat”?
<<L’idea di questa trilogia di testi storici nasce, dopo anni di ricerca e studio, dalla ferma convinzione che sia stata saltata a piè pari la vera storia dei nostri territori e dei cittadini coinvolti nel più distruttivo conflitto bellico del ‘900. Buona parte degli storici, fino ad oggi, si è giustamente concentrata sul racconto nobile dei motivi della guerra, dei suoi risvolti politici, delle tragedie umane degli stermini o delle grandi azioni belliche, come l’uso delle prime atomiche, ma quasi nessuno si è soffermato in modo omogeneo e ampio a raccontare ciò che realmente abbiamo perso in termini economici, culturali, sociali e tradizionali durante quel tremendo periodo. La Seconda guerra mondiale, nei miei testi, oggi arrivati addirittura a generare una serie a fumetti, rileva una “storia diversa” fatta di tele, colori, pietre, chiese, madonne, stadi, caffè storici, botteghe artigianali, musei, fiorenti  aziende locali, teatri, regge e tanti altri beni culturali distrutti, deturpati, trafugati o violentati da un conflitto assurdo e disumano. Una storia che racconta chiaramente anche dei ritardi che alcune zone d’Italia, come la Campania, hanno accumulato pesantemente proprio negli anni del conflitto o, parlando di eventi meno tragici, ci mostra la prima vera globalizzazione avviata grazie alla presenza delle truppe angloamericane nel nostro Paese e, ancor più, la straordinaria graduale nascita del turismo moderno grazie al fenomeno del turismo militare di massa inventato dai tedeschi e “capitalizzato” dagli angloamericani. Insomma ho voluto rendere giustizia a tutti i cittadini e alle bellezze di un’Italia che merita di essere raccontata e che, per motivi quasi inspiegabili, è rimasta senza voce per anni.>>
Nella sua opera fa molto riferimento all’identità cultura e storica, oltre che economica, colpita oltre che economica, colpita del secondo conflitto mondiale dal nostro territorio. Può dirci in che proporzioni è stata danneggiata?
<<La Campania, quale vero terreno di sperimentazione delle principali strategie belliche dei tedeschi e soprattutto degli angloamericani, durante la Seconda Guerra Mondiale fu stretta nella morsa degli eventi e degli eserciti e, purtroppo, usata come capro espiatorio per abbattere con la paura il morale dell’intero Paese e vincere il conflitto.
Napoli, in particolare, con tutto il suo ricco tessuto culturale, artistico, industriale, paesaggistico e folkloristico, fu prima deturpata dai bombardamenti inglesi, poi si ritrovò a subire le devastanti ritorsioni naziste seguite al famoso armistizio segreto con gli angloamericani e, dopo aver subito pesantissimi attacchi aerei prima dello sbarco a Salerno, fu addirittura “violentata” nei beni più cari dall’ingombrante presenza degli eserciti multietnici degli Alleati. In tutti questi episodi, durante i quali ovviamente perirono militari e civili innocenti, la Campania subì devastazioni tremende alle proprie tradizioni, ai propri archivi, ai caffè storici, ai beni sportivi, ai parchi, alle regge, alle chiese, alle madonne, al tessuto industriale, ovvero a tutto ciò che componeva, e ancora oggi compone, l’essenza di una vita civile e normale: i beni culturali e le tradizioni locali. A Napoli, città più bombardata d’Italia, furono cancellati interi settori dell’economia, da quella sportiva a quella del cinema e si avviò, tremendamente, il crollo verticale di tutto il sud rispetto al nord del Paese. Una grande parte dei ritardi che oggi accusiamo rispetto al resto d’Italia è conseguenza diretta dei bombardamenti, delle ritorsioni naziste e dell’occupazione angloamericana. Una tragedia che non viene raccontata perché, sostanzialmente, bisogna
cambiare la prospettiva d’analisi. È ciò che ho fatto partendo proprio dall’amore per i beni culturali,e quello che ne è uscito fuori è davvero sconcertante.>>
Questa Apocalisse dell’identità che impatto ebbe nella coscienza e nell’immaginario degli uomini di quel periodo?
<<L’Apocalisse la si poteva già immaginare, poco prima dell’inizio della guerra, osservando la costruzione dei blindamenti intorno ai numerosi beni culturali italiani. I cittadini, invece, troppo presi da una ben studiata propaganda di regime che, se mi permetti il parallelismo, è ben usata anche oggi in tutto il mondo grazie al martellamento continuo di social e media in genere, si beavano con inutili feste di piazza durante le cerimonie per l’ammasso/raccolta di grano. Mentre si facevano volare colombe, benedetti dal prelato di turno, sullo sfondo si innalzavano vere e proprie trincee di guerra nei centri urbani, dentro le chiese, intorno ai monumenti, etc. L’impatto reale della follia bellica e di scelte ideologiche scellerate lo si comprese solo quando arrivarono i tremendi bombardamenti americani, dalla fine del ’42, e le stragi naziste. Un’apocalisse, però, che mi pare non abbia insegnato quasi nulla al nostro popolo se, come possiamo verificare oggi, le criminali ideologie di chiusura e intolleranza, che stanno innalzando pericolosamente il livello di odio generale nel Paese, sono in crescita incontrollata. In effetti, purtroppo, posso solo constatare che le coscienze, alla fine, non sono state “scosse” così in profondità. I tedeschi ancora oggi, nonostante rigurgiti sempre più vivi, provano generalmente vergogna del nazismo e dei regimi dittatoriali, gli italiani no. Non credo sia un caso purtroppo…>>
È possibile un’ulteriore opera di recupero delle nostre origini e delle nostre tradizioni, a mo’ di scavo archeologico quasi dalle devastazioni belliche?
<<L’opera di recupero presuppone la “sistemazione seria” dell’annosa questione nord-sud. Ancora oggi siamo pieni di razzismo interno. Ancora oggi siamo a discutere dell’arretratezza del sud in modo sempre accusatorio, mai cercando le responsabilità storiche interne e, ancor meno, quelle esterne. Il sud, come dimostro chiaramente nei miei testi, fu letteralmente massacrato industrialmente, commercialmente e infrastrutturalmente dai bombardamenti angloamericani. Napoli, città più bombardata d’Italia, non viene mai e dico mai ricordata come tale nelle discussioni storiche. La Campania, fulcro delle più importanti sperimentazioni strategiche della Seconda guerra mondiale in Europa, dico Europa!, non viene quasi mai inserita nei discorsi sui danni alla nostra economia nazionale. Una buona porzione del ritardo infrastrutturale ed economico del sud è diretta conseguenza dei tremendi danni cui fummo sottoposti durante la WW2. Possiamo certamente recuperare le nostre origini, in modo più serio, perdonando gli errori del passato a tutti, purché si possa finalmente sedersi ad un tavolo e assumere un atteggiamento costruttivo smettendola di “additare il terrone”, ma piuttosto riconoscendo che bisogna far recuperare al sud un gap che non proviene solo da problemi corruttivi e criminali interni, tra l’altro presenti ovunque,
ma arrivano anche da una catastrofe esterna alla volontà delle regioni meridionali. Poi, quando vedo che in tutte le zone terremotate, dall’Irpinia all’Aquila fino ad Amatrice, c’è ancora la popolazione sofferente per un limitato evento naturale, comprendo che nessuno in questo Paese sarebbe capace di “ricostruire il sud” sulla base dei danni subiti durante un conflitto mondiale. Rassegnato? No, piuttosto realista. Al momento siamo molto lontani da una seria presa di coscienza del problema. La ricostruzione, però, è possibile. Bisogna solo volerlo.>>
Come valuta tale drammatico impatto in relazione alla nostra storia attuale, in cui vi è un sentire così scarno delle nostre origini e la persistenza di fenomeni etno-geografici a livello politico come le richieste d’ autonomia di regioni quali Lombardia e Veneto nel settentrione, oppure sul movimento neoborbonico nel Mezzogiorno?
<<Beh, ho sostanzialmente anticipato la risposta. Ribadisco, tutte queste espressioni separatiste, o dovremmo dire semplicemente egoistiche, sono espressione di un problema gravissimo. In Italia, per interessi speculativi, non si vuole realmente comprendere da dove proviene il ritardo infrastrutturale del sud. Quando qualcuno vorrà farlo, ne sono certo, la prima cosa che dovrà fare sarà chiedere scusa per aver ignorato la realtà dei fatti e zittito, fomentando il becero razzismo interno, il dibattito generale. Inoltre non è necessario arrivare così indietro, riaprendo la discussione risorgimentale. È sufficiente analizzare il periodo tra la fine della Grande guerra e la fine della Seconda guerra mondiale per ammettere che vanno immediatamente ricostruite infrastrutture e va sostenuto il sud con un piano che gli consenta di allinearsi economicamente al resto del Paese. Facciamo un esempio davvero banale. Il trasporto pubblico in molte aree campane è davvero carente. Chi non ha o non può permettersi un’auto è tagliato fuori dalla produttività. Vogliamo crescere? Dobbiamo allinearci al resto del Paese? Dove sono le condizioni per farlo? C’è

tanto da fare, e affrontare il tema della WW2 è scomodo a tanti perché si aprirebbe il Vaso di Pandora. Ovviamente il tutto sarebbe possibile solo affrontando la questione bellica con la prospettiva che ho sviluppato e sto divulgando (e che potrebbe dare fastidio a molti). Se

continuiamo a parlare solo della macrostoria continueremo ad annoiare le menti delle nuove generazioni. Magari è proprio questo che qualcuno vuole e riesce a perpetrare da anni con estremo successo. I motivi? Non c’è bisogno che li evidenzi io. Ci si arriva facilmente.>>
Nell’ultima edizione de I Caduti di Pietra ha deciso di adottare un nuovo canone estetico per raccontare questa storia drammatica quanto arcana e spesso estranea alla manualistica quanto alla storiografia ufficiale, mediante il fumetto. Può raccontarci come è nata quest’idea?
<<L’idea nasce da un’amarissima considerazione. La storia in Italia attira sempre meno lettori e cittadini. Sono stati scritti fiumi d’inchiostro solo per raccontare i grandi eventi e dare lustro, anche quando non sarebbe il caso, a personaggi, gerarchi e politici dell’epoca bellica. Questo racconto annoia e lo confermo da ex studente. Perfino all’università sono stato costretto a studiare libroni pieni zeppi di date che, però, concettualmente parlavano di macrostoria, grandi personaggi e grandi operazioni. Nessuno, ribadisco nessuno, di questi testi approfondiva la storia con argomenti vicini alla realtà delle persone e dei territori coinvolti nella tempesta della Seconda guerra mondiale. Non ho mai trovato la storia di uno stadio e dell’economia sportiva coinvolta nelle leggi razziali e nei bombardamenti. Lo racconto io nei miei testi. Non ho mai trovato testi che raccontassero la perdita di straordinari beni culturali o di quelli meno conosciuti. Lo faccio io sistematicamente (oggi potreste trovare dei libri molto settoriali spesso scritti da docenti di architettura per specifici monumenti) in relazione a intere città o regioni, anche mappando precisamente i danni e raccontando interessanti episodi legati a chiese, regge, ville, industrie, esercizi commerciali e tanto altro. Non ho mai, e lo dico ancora con più forza di prima, trovato un solo testo che raccontasse delle occupazioni angloamericane in Campania e in Italia e, di conseguenza, i cambiamenti socioeconomici e morali avvenuti dal 1 ottobre del ’43, ovvero dall’ingresso degli Alleati a Napoli. Ancor più, a dimostrazione del fatto che non si è mai voluto approfondire la reale storia del Paese, non ho mai trovato l’analisi delle conseguenze dei danni del passato rispetto a ciò che viviamo oggi, anche in senso positivo. Esempio? Il turismo militare di massa, introdotto dai tedeschi dall’occupazione di Parigi, vissuto da alleati in Italia e poi trasformato in business dagli occupanti angloamericani, sono il precursore reale e tangibile del turismo civile di massa, quello che oggi facciamo prendendo un volo low cost o facendo i tour guidati. A breve uscirà un mio testo proprio sul fenomeno del Turismo militare di massa. Sono informazioni che mi sono trovato davanti mentre ricercavo i dati e gli episodi relativi ai beni culturali. Chi lo ha raccontato fino ad oggi? Anzi, le dirò che alcuni “attori istituzionali” stanno cercando di “cavalcare le mie idee” presentandole come proprie, ma questo è un altro viziaccio italiano di cui non è il caso di parlare in questa sede. Per tutti questi motivi ho pensato che il linguaggio grafico avesse forti potenzialità, grandi capacità di attrarre le generazioni più giovani abituate ad acquisire informazioni in modo molto più rapido. In poche pagine, grazie al veloce linguaggio fumettistico, tanti episodi curiosi, specifici e interessanti, come il furto delle tele napoletane da parte dei nazisti, il lettore può informarsi evitando la noia o la dispersione di tempo prezioso. Inoltre, considerando gli episodi particolari sviluppati monograficamente nella serie a fumetti I CADUTI DI PIETRA – THE COMIC BOOK SERIES, i giovani inizieranno a sentire la scintilla della curiosità che potrà, si spera, avvicinarli anche ai testi cartacei più lunghi da leggere ma sicuramente più completi. È proprio per questo che ho scelto di aprire la serie a fumetti, composta da 12 numeri, con l’interessantissima e sconosciuta OPERAZIONE 51, la vera storia del furto di alcune casse di beni culturali (tele, beni archeologici,beni documentali, etc.) che i tedeschi riuscirono a deviare mentre stavano ufficialmente trasferendo da Montecassino, in procinto di essere bombardata dagli americani, tutti i tesori ivi conservati, precedentemente inviati da Napoli e altre zone d’Italia, nella Capitale con la speranza di salvarli proprio dai bombardamenti aerei che da fine ’42 stavano massacrando diverse città del Paese. Un’operazione che, sono certo, farà incuriosire i lettori che vorranno poi comprendere come mai siano stati coinvolti così pesantemente i beni culturali nelle dinamiche della Seconda guerra mondiale.>>
Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."