Il virus dell’HIV non è stato, purtroppo, ancora debellato. Non essendo scomparso continua a diffondersi anche tra i giovani, generando una vera e proprio epidemia di massa.
Secondo le stime diffuse dall’Unicef, che non sono per niente rassicuranti, si starebbe procedendo troppo piano nella ricerca finalizzata a debellare suddetto virus. Gli esperti concordano con il parere dell’Unicef, pur tenendo conto dei lievi progressi, ancora troppo lenti, soprattutto per quanto riguarda il benessere dei più piccoli, dei bambini e degli adolescenti.
Numerosissime sono le associazioni in Italia dedite a prevenzione e supporto, soprattutto per chi è già stato contagiato dal virus, i cosiddetti sieropositivi, che sono però ancora oggetto di stigma del passato.
“Il virus Hiv continua a infettare giovani e meno giovani potremmo dire che è la malattia, l’Aids, ad appartenere al passato, almeno in Europa. Con i farmaci che utilizziamo, per chi è stato infettato da Hiv il rischio di ammalarsi di Aids è ridotto. Chi è infetto e si sottopone ai trattamenti retrovirali, dopo pochi mesi di terapia non è più in grado di trasmettere il virus, pur non potendosi dire guarito. Ma nei paesi più poveri non è ancora così. Spesso si tende a trascurare l’infezione, a ignorarla. E in questo modo si diffonde ancora di più”, secondo quanto affermato dalla dottoressa Giorgia Fracca, psicanalista e socia di Alipsi e Asa.
Solamente nel 2017, in Italia, sono stati registrati 6 nuovi casi ogni 100mila residenti, dei quali, il 76% sono uomini, portando ad affermare che la prevalenza dell’infezione riguarda il sesso maschile.
La principale causa di trasmissione? Localizzata, paradossalmente, ancora una volta nei rapporti sessuali.
“Lo stigma sociale è ancora presente. Numerose persone tacciono sulla propria condizione per paura di essere escluse. Serve un lavoro di prevenzione tra i giovani per far comprendere i rischi reali. In Italia offriamo cure di eccellenza ma sulla prevenzione siamo molto carenti e il lavoro è lasciato completamente alla comunità Lgbt, in collaborazione con associazioni come l’Asa, che investono in azioni di prevenzione in circoli o comunque luoghi dove la comunità si incontra”, conclude la dottoressa.