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Vesuvio: 75 anni esatti dalla sua ultima eruzione.

Il Vesuvio, quello che nell’antichità veniva considerata una montagna sacra a forma di cono, chiamata dagli antichi romani Monte Somma, la cui sommità sfiorava i 2300m di altezza, durante l’eruzione, quella più famosa, datata 79d.c, l’apparato montuoso si divise in due micro apparati, il primo dove sorge l’attuale cratere chiamato Vesuvio, mentre all’altro gli esperti decisero di attribuirgli il nome originario.

Secondo i sismologi e i vulcanologi, stiamo parlando di uno dei vulcani la cui pericolosità è estrema, non tanto per la potenza eruttiva in sé, ma per il punto esatto in cui è collocato, data la copiosa densità concernente la popolazione che vive sulle sue pendici.

Un dettaglio che in quel mese di marzo agli abitanti di San Sebastiano, Cercola e Massa di Somma non passò di certo inosservato, infatti proprio in quel giorno di settantacinque anni fa, il Vesuvio raggiunse il suo apice della fase eruttiva, sprigionando tutta la sua potenza con delle fontane di lava che raggiunsero quasi il chilometro di altezza, inoltre persero la vita 26 persone a causa dei cedimenti strutturali provocati dall’abbondanza di cenere accumulatasi sopra alle abitazioni e lo stesso prodotto lavico caduto sui campi, fece in modo che 3 anni di raccolto foseero letteralmente dilapidati.

La testata giornalistica de il XXI secolo vi lascia ad una delle testimonianze che più riescono a raccontare nel dettaglio la criticità del momento, a fornirle è stato un agente dell’Intelligence Service britannico Norman Lewis, che si trovava sul fronte: “la lava si stava inoltrando tranquillamente lungo la strada principale, e ad una cinquantina di metri dal margine di questo cumulo di scorie che lentamente avanzava, una folla di diverse centinaia di persone, in gran parte vestite di nero, pregava inginocchiata. La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all’ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall’edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L’intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch’esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch’esso crollò.
Su tutte le statue che affrontavano la lava dominava in tutti i sensi, per dimensioni, per numero di persone che reggevano la piattaforma, quella dello stesso San Sebastiano.”