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The new Maxhao, opinioni della IV Municipalità

La redazione del XXI Secolo, da sempre attenta al territorio, si è interessata per comprendere le ragioni che hanno portato al sequestro di una delle entità commerciali nascenti più importanti del quartiere Gianturco dal punto di vista economico e sociale, il centro commerciale The new Maxhao, sito a Napoli.

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Il centro, che vede la coesistenza di diversi imprenditori appartenenti a differenti etnie, rischia oggi la chiusura, in quanto sottoposto a decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli il 13 gennaio 2020. Questo è quanto si evince dalle notizie riportate in merito da alcune testate giornalistiche locali.

Il decreto rischia oggi di mettere alle strette il grande centro commerciale, il quale, dopo aver ricevuto la nefasta notizia, potrebbe essere costretto ad una chiusura forzata.

Esso prevede un termine ultimo di 40 giorni dalla notifica del provvedimento, per consentire ai commercianti di rimuovere i beni mobili di loro proprietà non rientranti nell’ambito di applicazione del vincolo cautelare.

Essendo, come già affermato, il XXI Secolo molto attento alle vicende che si susseguono nel proprio territorio di appartenenza, la redazione ha deciso di scendere in campo per cercare di comprendere il perché di una tale decisione, per farlo ha deciso di partire quindi dall’organo di competenza più vicino e palpabile, la IV Municipalità della Città Metropolitana di Napoli, ponendo alcune domande riguardanti la situazione sopracitata, al Dott. Giampiero Perrella, Presidente della stessa.

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– Dott. Perrella, sappiamo che In data 13/01/2020 è stata data esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, grazie alle notizie riportate in merito dalle testate giornalistiche locali. Una delle accuse mosse contro il centro commerciale The new Maxhao è quella di edificazione e lottizzazione abusive. Bisogna però notare che il 14 luglio 2015 c’è stato un sopralluogo da parte del Comune, il quale ha decretato che 18544 metri cubi dell’immobile, all’epoca di proprietà del Comune stesso, risultavano essere abusivi. Ad oggi questa cubatura abusiva risulta essere non più esistente, in quanto regolarmente demolita alla presenza dell’autorità giudiziaria.

Da cosa deriva, quindi, l’accusa di edificazione e lottizzazione abusive?

«Sono informalmente venuto a conoscenza dell’esistenza di questo sequestro preventivo. Non ne ho letto i contenuti, quindi non sono in grado di esprimermi nel dettaglio in merito. Di certo ci sono stati, e ci sono tutt’ora, dei problemi di natura amministrativa, legati allo svolgimento di quel tipo di attività in quella struttura, per due ordini di motivi: la prima perché c’era un problema di cubature, nel senso che, la proprietà dell’immobile aveva realizzato nuove volumetrie, rispetto a quelle originariamente previste, non ottemperando a quanto previsto dalla variante al Piano Regolatore Generale del Comune di Napoli.

In secondo luogo, sempre il Piano Regolatore del Comune di Napoli, prevedeva in quell’area delle attività che non erano quelle di mercato.

Quindi so che ci sono due ordini di problemi, che, in qualità di presidente, ho scoperto grazie ad un carteggio con il servizio pianificazione urbanistica del Comune di Napoli allorquando, anni addietro, sollevai delle perplessità in merito a dei lavori in atto in quella struttura.

Notavo, dalla sera alla mattina, l’apertura di varchi sui muri di cinta della struttura, notavo altresì dei movimenti in quell’area e chiedevo lumi al servizio urbanistica, che mi ha puntualmente risposto affermando che fosse in atto un intervento da parte del proprietario dell’area, riguardo il quale però esisteva una forte perplessità, in quanto la documentazione presentata risultava non essere completa.

Queste furono le prime comunicazioni ricevute dal servizio urbanistica.

Approfondendo sono venuto a conoscenza del fatto che il servizio urbanistica avesse contestato alla proprietà due tipi di violazione. La prima è, per l’appunto, la questione delle nuove volumetrie, che pare sia stata sanata per mezzo della demolizione degli edifici realizzati in eccedenza all’interno della struttura, mentre un altro problema, che mi risulta non sia stato sanato, è quello della licenza, perché il PRG prevede in quell’area un tipo di attività, se non erro di pubblici servizi, pubblica utilità, che confligge con la destinazione a mercato, e quindi a centro commerciale, di quella struttura.

Adesso, mentre il primo vizio è sanabile con la demolizione, il secondo, a mio avviso, non è facilmente sanabile se non con una modifica al PRG, cosa che, come sappiano, comporterebbe tempistiche abbastanza lunghe.

Questo è ciò che posso affermare dal mio osservatorio, perché la Municipalità ha delle competenze limitate. Il tema dell’urbanistica, il tema dei PUA, il tema degli investimenti privati, sono questioni attinenti al Dipartimento Urbanistica del Comune, non di certo alla Municipalità. Io da presidente ho semplicemente sollevato dei dubbi, degli interrogativi, al servizio urbanistico, laddove vedevo che si aprivano dei vani sul muro di cinta della struttura, come ad esempio nel punto in cui sorge il bar, prima privo di vani, era semplicemente un muro. Anche per aprire un vano su una strada pubblica, bisogna comunque munirsi di autorizzazioni.

Non posso però entrare nel merito del provvedimento emerso, in quanto non ne conosco i dettagli. Mi riservo di approfondire.»

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– Per quanto riguarda il complesso, esso viene accusato di illecito cambio di destinazione d’uso. Il sito dovrebbe però rientrare in quelle che sono le opere di urbanizzazione secondaria di interesse collettivo, fra le quali compare la voce “Mercati di quartiere”

«Io mi attengo semplicemente a quanto comunicatomi dal servizio urbanistica, ossia che la destinazione prevista dalla variante al PRG non era quella di mercato, almeno per quell’area.

Sicuramente i legali di entrambe le parti sono impegnati ed attivi riguardo questa vicenda e faranno chiarezza. Me lo auguro, perché pur essendo un’iniziativa economica privata, sta comunque portando un beneficio, nel senso che, rispetto a ciò che c’era prima, rispetto al degrado, è una struttura messa sicuramente a nuovo, pulita, in grado comunque di offrire lavoro e occupazione.

Mi auguro che si possano trovare i canali giusti, legali ed amministrativi, per mettere in regola, sanare il sanabile, sempre che esistano i presupposti per farlo, qualora la procura decidesse che essi non sussistano…è chiaro che decisioni prese a quei livelli vanno sempre rispettate. È chiaro che, in quanto abitante di questo territorio mi sento di dire che, rispetto al quadro desolante che esisteva in quel punto fino a qualche anno fa, si è registrato un miglioramento. Qualsiasi attività imprenditoriale, in quanto attrattore economico, può creare sviluppo ed ovviamente rilanciare la vivibilità di un luogo che è stato sempre un po’ abbandonato.»

– Per quanto riguarda la storia tangibile del sito, sappiamo che precedentemente già il Comune aveva destinato allo stabile la funzione di autoparco nettezza urbana comunale, cambiando la destinazione da opificio industriale a terziario-servizi-direzionale. Alla fine degli anni ’80 abbiamo la modifica del sito stesso, con l’aumento del volume dello stabile, sanata all’inizio della seconda metà degli anni ’90. Cosa ci può dire in merito a questo cambio di destinazione d’uso attuato dal Comune?

«All’epoca probabilmente fu attuato perché c’era un’esigenza specifica relativa ad un servizio, che comunque si configura, volendo, con un “servizio di pubblica utilità”. Dal momento che l’urbanistica ci comunica che la destinazione di quell’area era per servizi, servizi di pubblica utilità, servizi per il quartiere, probabilmente è compatibile con quel tipo di destinazione.

Credo inoltre che ci sia una differenza tra un’area mercato ed un terziario, però su questo faranno chiarezza le autorità.»

– Si evince inoltre che il sito sarebbe causa di uno stravolgimento dell’assetto del territorio preesistente ed aggravio del carico urbanistico riferito alla “zona industriale” della città, ma la zona non è assoggettata ad alcun vincolo paesaggistico, archeologico. Da cosa potrebbe derivare questo aggravio?

«Posso immaginare esso derivi dall’incremento di utenze, ma, onestamente, in merito a questi dettagli tecnici non sono in grado di esprimermi. Quello che mi sento di dire, da cittadino comune, è che si esprime una valutazione sicuramente con cognizione di causa, la Procura ha poi tutti gli elementi per valutare.

Da amministratore, così come da cittadino, non sfugge che abbiamo di fronte alla sede della Municipalità uno degli interporti più grandi della regione dove, quotidianamente, transitano veicoli di tara elevata che hanno distrutto il manto stradale, rendendo necessari gli effettuati lavori di rifacimento. Essi arrecano un disagio sia in termini di carattere strutturale, a causa delle vibrazioni avvertite negli edifici e assorbite dal manto stradale, che in termini di viabilità, ci sono degli incroci che sistematicamente finiscono per essere intasati dal traffico di questi grandi veicoli, si parla di grandi autoarticolati, che trasportano container che giungono al porto. Essi hanno un impatto estremamente negativo sulla viabilità, sulla vivibilità di questi luoghi. Essendoci poi l’imbocco delle autostrade vicino, molti di questi mezzi si dirigono anche verso il rione Luzzatti, area abitata, molti dei residenti si lamentano delle vibrazioni continue alle quali i palazzi sono sottoposti per il passaggio degli autoarticolati, oltre al pericolo per la gente in strada.

È giusto che, qualora la Magistratura rinvenisse degli illeciti, essi vengano perseguiti, adottando poi i provvedimenti di conseguenza, qualora non fossero rispettate le regole, anche per quanto riguarda la mole del traffico e quant’altro. Questa osservazione stona però agli occhi di un cittadino, e a quelli di un amministratore, rispetto a quello che avviene quotidianamente a Gianturco a causa di quest’interporto, che è solo una delle tante attività, essendo questa una zona industriale.»

– Si parla anche di fenomeni di dissesto ambientale e dissesto idrogeologico, è stato mai appurato ciò dal Comune?

«Non ho le competenze per rispondere, perché sono tutte questioni che seguono vari servizi del Comune, non di pertinenza della Municipalità.»

– All’interno della struttura ci sono 45 società, dedite all’ingrosso, nonché attività di ristorazione e a servizi di pulizia e sicurezza, che dopo il termine di 40 giorni dovranno sgomberare la struttura. Come vede questa situazione?

«Sono questioni puramente giuridiche. Ciò che posso dire è che può darsi anche che ci sia una chiusura tecnica, momentanea.

Mi auguro sempre che ci sia la possibilità per sanare una situazione d’illegalità, fare il dovuto e provare a salvaguardare i posti di lavoro, nonché l’indotto economico che suddetta struttura può portare, purché ciò avvenga nel rispetto delle regole.»

– Da un punto di vista puramente personale, che idea ha lei del The new Maxhao?

«Le ribadisco un po’ il concetto espresso in precedenza. Da cittadino vedo quell’esperienza come positiva, perché ha portato dei benefici, quindi, riallacciandomi anche alla mia figura di amministratore, se la Procura dovesse accettare la liceità della struttura, sarei un cittadino felice, perché di fatto vedo che essa ha portato benefici, anche solo perché in grado di riqualificare un’area abbandonata, perché laddove il commercio vive, fa vivere il territorio.

Questo è un territorio complicato dove c’è poco o nulla di attrattivo, quasi un quartiere dormitorio, come il Centro Direzionale o il rione Luzzatti. Il fatto che possa esserci un centro commerciale che possa far rivivere un territorio, donandogli nuova centralità, è sempre un qualcosa di positivo.

A prescindere da chi fa cosa. Sappiamo le desertificazioni commerciali a cosa portano nei territori, al degrado, all’abbandono. Al tempo stesso, se la Procura dovesse venire a conoscenza di abusi o di un mancato rispetto delle regole, la struttura andrebbe chiusa senza remore.»

La redazione del XXI Secolo ringrazia il Presidente della IV Municipalità, Dott. Giampiero Perrella, per la cortesia e la disponibilità mostrata.

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II