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San Lorenzo, la piangente felicità

Agosto è l’ottavo mese dell’anno secondo il calendario gregoriano, di 31 giorni, è collocato nella seconda metà di un anno civile. Già sextilis, perché sesto mese dell’anno secondo il calendario romano, fu successivamente rinominato augustus per opera del Senato romano, nell’8 a.C., in onore dell’imperatore Augusto, così come luglio per Cesare, il Senato aggiunse altresì un giorno alla sua durata, sottraendolo dal mese di febbraio, per renderlo uguale al mese di luglio.

Da esso deriva anche il nome del giorno più amato del mese, il Ferragosto, da feriae Augusti. Sempre il senato

Ma nel mese di agosto ricade anche un altro evento particolarmente suggestivo, ossia la notte di san Lorenzo, che ricade il 10 agosto, la quale risulta essere tradizionalmente associata al passaggio dello sciame meteorico delle Perseidi, comunemente denominata notte delle stelle cadenti, rinominate come lacrime di San Lorenzo.

Esse evocherebbero infatti i carboni ardenti su cui il santo fu martirizzato.

Questa notte così suggestiva, oggi ricordata per la magia che si ricrea nell’atmosfera, non è sempre stata però un momento di serenità e felicità, oltre che per il martirio di San Lorenzo, essa è ricordata anche a causa di un celebre componimento pascoliano.

 

[…]

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla

[…]”

Questo l’incipit evocativo con il quale il Pascoli descrive con tanta enfasi la pioggia di stelle nel cielo sovrastante, le lacrime che sgorgano e che in quella notte, nell’immaginario pascoliano, cadono per coprire la malvagità dell’uomo.

Ma perché una visione tanto grave?

È lo stesso Pascoli a chiarirlo più in basso:

[…]

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…

[…]”

10 agosto 1867, Ruggero Pascoli perde la vita in circostanze misteriose, mentre si accingeva a fare ritorno alla propria dimora, mentre portava con sé dei doni per i propri figli, doni rimasti sospesi in un eterno oblio, rimarcato dal piccolo Giovanni, che esprime tutto il proprio dolore nella sua X agosto. La poesia è composta infatti da Giovanni Pascoli in memoria del padre, morto proprio nel giorno di San Lorenzo, e venne pubblicata per la prima volta ne Il Marzocco del 9 agosto 1896, è stata inserita solo successivamente nella quarta edizione di Myricae, del 1897, nella sezione Elegie.

Il giovane Pascoli attua una vera e propria umanizzazione del cosmo per mezzo di uno struggente simbolismo, ciò mostra come il Pascoli trasponga il piano biografico sovrapponendolo al motivo cosmico. Il Padre è diametralmente parallelo alla rondine, anch’essa morta mentre procura il cibo ai propri “rondinini”.

Ora i due personaggi vittime del male del mondo diventano il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati. Chiara e semplice è l’allusione alla figura di Cristo, agnello di Dio che chiede il perdono per i suoi carnefici sulla croce.

Proprio la croce è un elemento presente e fortemente chiaro già dal titolo, con il numero romano X si rimanda alla croce di Sant’Andrea, come definita secondo un’antica tradizione martirologica, o crux decussata.

Così, allo stesso modo in cui la rondine viene uccisa mentre torna dopo aver procacciato cibo per i suoi cuccioli, lasciandoli affamati e flebilmente soli fino alla morte, allo stesso modo Ruggero Pascoli viene ucciso sulla strada del ritorno al cosiddetto “nido”. Proprio come i piccoli della rondine, la famiglia del Pascoli aspettava “colui che non ritorna”, come viene apostrofato in un componimento del Pascoli il padre Ruggero, La cavalla storna.

Esiste però una sostanziale differenza tra Ruggero e la rondine l’uomo chiede perdono in punto di morte.

Il componimento si chiude poi inaspettatamente con un nuovo accenno al cielo inondato di stelle, a rimarcare la circolarità dello stesso:

[…]

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!”

Questione irrisolta, quasi un quesito implicito, quale sia la natura del male e perché esso si perduri.

Pascoli non lo sa, se ne cruccia, ma si limita a descrivere questo suggestivo giorno, tanto atteso ancora oggi, per mezzo di una parola “Male“, ultimo lemma del componimento, dotato di capacità espressiva immane, le stelle cadenti sono il pianto del Cielo su “quest’atomo opaco del Male“, ossia sulla Terra.

Quella che sarebbe dovuta essere una sorta di schermo, di protezione all’orrida realtà, la dimensione casalinga, il nido, il focolare domestico, risulta essere anch’essa romita”, solitaria, espugnata dalla tragicità della vita.

L’uomo è indifeso dinanzi a tanto dolore, è inerme, non gli resta quindi che rivolgersi al cielo invocandone il “pianto di stelle”.

Di seguito ecco proposto il testo del componimento pascoliano.

X Agosto

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:

l’uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de’ suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell’ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II