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Nicola Manicardi il poeta della quotidianità

Nicola Manicardi, brillante poeta modenese ha gentilmente acconsentito al rilascio di un’intervista ai microfoni della testata giornalistica online XXI Secolo. Il poeta, dallo stile lineare seppur tagliente, è molto attivo sui social, dove spesso rende pubbliche le proprie opere, ricevendo l’approvazione del pubblico in toto.

Cosa rende la sua poesia così speciale? La trasparenza. Ma questo avrà modo di spiegarcelo il poeta stesso, dotato di spiccata intelligenza e forte senso critico, seppur rivestendo i quotidiani indumenti di uomo comune. La su poesia è fortemente espressiva, ricca di significato, figlia di meditazione ed analisi, che solo un occhio attento dul mondo, come quello di Nicola Manicardi può attuare.

Una critica aspra ricca di esortazioni, quella che traspare dalle parole, semplici, di uso comune, che il Manicardi preferisce utilizzare, plasmandole e portandole a nuova vita.

Vita” che è proprio la parola che meglio si addice ad essere la chiave di lettura delle sue opere, quasi un fil rouge di quell’analisi che egli stesso attua, analisi della vita per l’appunto.

"Come ci si sente

 essere il quadrato nero

 di una settimana enigmistica?"

Dotato di schiettezza, immediatezza, semplicità e tanto senso critico, Nicola Manicardi è uno dei più brillanti autori contemporanei, fortemente acclamato dalla critica moderna.

Dal 15 Maggio 2018 è disponibile per l’acquisto la sua ultima opera, “Non so“, edito da I quaderni del Bardo, di Stefano Donno, sotto la cura di Nicola Vacca, raccolta delle poesie della piena maturità del poeta.

Di seguito l’intervista gentilmente rilasciata da parte di Nicola Manicardi.

L’intervista

Signor Manicardi, qual è la genesi della sua poesia?

«Ma la mia poesia nasce dal mattino, appena sveglio, ovvero da quando comincio ad effettuare delle riflessioni riguardo ciò che vivo. Sul momento in cui varcherò il mio cancello di casa e dovrò affrontare la vita. Le risposte alla mie domande mi aiuteranno a vivere. La mia poesia nasce dalle primissime ore del giorno.»

Il suo impiego principale è nettamente distante dalle “humanae litterae”, da dove deriva l’impulso di dedicarsi alla carriera di scrittore?

«Per me scrivere è vivere, perché non so mai dove mi porterà. É un viaggio lunghissimo, interminabile, dove non si arriva mai. Questo forse per me è proprio il fascino di questo momento di raccoglimento. Uso questo termine, “provare a fare poesia” è un modo di vivere, insomma è un modo per comunicare ciò che sto attraversando nel giorno, durante il giorno, mettendo appunto all’interno della mia poetica, il mio “io, che siamo noi, oggetti, luoghi, tutto descritto molto spesso all’interno di una stanza, che fondamentalmente è la mia stanza, dove spesso mi capita appunto di guardare il mondo, diciamo sempre più all’interno delle cose e protetti dentro quattro mura, per cercare di rimanere riparati da quello che è l’esterno. L’esterno che mi capita di vedere, ma preferisco come un ignoto osservare tutto ciò che vedo e vivo.»

Quale crede sia l’impatto della poesia, in generale, sulle nuove generazioni?

«Credo sia fondamentale, adesso con la velocità dell’informatizzazione, con questi mezzi di comunicazione, e questi mezzi di trasporto, sempre più veloci, c’è bisogno di un attimo di riflessione. I giovani hanno bisogno di fermarsi per capire che questo mondo non sta funzionando, e lo vivono, e lo patiscono anche, quindi per me la poesia è un mezzo di comunicazione fondamentale oggi.»

Quale crede sia, invece, quello della sua poesia, in particolare?

«La mia poesia è un’analisi del giorno, un commento del giorno. Nelle mie poesie vorrei scrivere dannatamente bene e poi finisco a commentare il giorno. Il mio modo di scrivere è estremamente immediato, utilizzo parole semplici, per tutti, non solo per accademici, dotti o intellettuali di genere, insomma io scrivo per la gente, io scrivo con la gente, scrivo io in mezzo alla gente, quindi credo che sia fruibile a tutti la mia poesia. Cerca di essere appunto sintesi e verità. La vita è vita. Secondo me bisogna comunque fare un’analisi di quello che vediamo, le cose brutte, i drammi,, tutto quello che è il mondo esterno, che io molto spesso descrivo dall’interno di un luogo, io dal vetro della mia finestra racconto tanto. Oggi credo che veramente ci serva una voce in gradi di riportare, tutti quei valori, l’amore, la bellezza, che oggi all’interno di questo caos, questo spaesamento, sono marginali, di nuovo centrali»

Signor Manicardi da dove nasce la sua ultima opera “Non so” terzo volume della collana Z?

«La mia ultima opera è nata casualmente. Fortuitamente, se così si può dire. Nel senso che, avevo scritto altre cose, poi mi ero fermato e postavo delle mie poesie su Facebook e tra le varie amicizie ho avuto un incontro che per me è stato fondamentale. Ho avuto il piacere e l’onore di incontrare Nicola Vacca, che ritengo il mio grande maestro, ma anche il mio alter-ego. Io mi sento quotidianamente con Nicola, anche tramite videochiamate, perchè lui vive ad Agropoli ed io a Modena. Nicola, critico e poeta italiano contemporaneo pluripremiato, estremamente interessante, sempre presente all’interno della letteratura italiana dagli anni ’80 adesso si è soffermato a leggere alcune mie poesie ha intrapreso un dialogo con me riguardo il mio operato, cercando di migliorarmi.

Da lì nasce il viaggio interminabile in cui si migliora di giorno in giorno.

Abbiamo iniziato a dialogare riguardo ciò che scrivevo, riguardo ciò che magari era meglio affinare. Ho chiesto io poter mandare del materiale, solo ed esclusivamente per lettura, ma appunto, lui trovò interessante ciò che scrivevo e mi informò di essere il curatore della collana Z, edita da I Quaderni del Bardo di Stefano Donno. Mi disse di inviare il materiale per poterlo analizzare accuratamente e vedere se ci fosse stata la possibilità di farne un libro. Io mandai il materiale, che fu letto, fu apprezzato e fu pubblicato. Devo ringraziare Nicola in primis, perché lo ritengo il mio vero maestro di poesia, nel senso che ha avuto la capacità di guidarmi in tutto quello che è questo percorso lungo. Viaggio che ritengo infinito ed è per questo, ad esempio , che mi soffermo a scrivere poesie, perché è un viaggio interminabile dove non si arriva mai.»

Da dove nacque, invece, il progetto della sua opera d’esordio “Periplo”?

«La mia prima opera nacque forse da un mio eccesso di presunzione. Avevo delle poesie nel cassetto, avevo voglia di farne un libro. Poi mi accorsi, appunto dopo la pubblicazione, che in realtà di poesia c’era poco, c’era lo scheletro, giusto una bozza, ma doveva ancora nascere ciò che sarebbe nato. Credevo fossero poesie, invece era uno scheletro di poesia. Scrivo dall’adolescenza e leggo da sempre. Avevo questa voglia di vedere le poesie che avevo nel cassetto pubblicate su carta, che mandai il mio materiale ad un editore, che lo accettò e lo pubblicò.»

La sua ultima opera è composta da tre differenti sezioni, La meccanica del male, Lo stillicidio di essere oggi e Almeno cinque minuti d’aria. Da cosa deriva questa trisezione?

«É stata decisa con il curatore della collana, dopo aver letto le mie poesie, Nicola per l’appunto. É stata una scelta condivisa e suggerita da Nicola, per dare una collocazione ben precisa a diversi momenti e diversi temi di scrittura. Per far sì che non fosse solo un’impaginazione, un elenco di poesie pubblicate, senza uno spazio dedicato a loro. Così Nicola Vacca si è occupato di questo lavoro editoriale. Cercare di dare una collocazione al proprio lavoro permette anche di dargli un ordine per diversi aspetti, ad esempio momenti, stati d’animo, tematica.»

Il suo stile poetico è molto schietto e conciso, all’insegna di una lucidità quasi rigorosa, annoverandosi sicuramente tra gli elementi che delineano la fama ed il successo della sua poesia. Crede che la società moderna sia in grado di cogliere il suo messaggio o magari resta sorda e cieca di fronte a tale stile?

«La mia poetica è estremamente chiara, utilizzo parole semplici, comprensibili a tutti e questo per me è il valore assoluto, nel senso che non cerco dei giochi linguistici, ciò che provo a scrivere è una poesia non assolutamente complessa, è una poesia dove ognuno si può rivedere, perché “io” siamo “noi” e perché non credo negli equilibrismi linguistici oggi. Proprio perché la vita è molto complessa, serve immediatezza, serve semplicità e verità nel testo e non mi interessa l’utilizzo di endecasillabi, non mi interessano, appunto, “piroette linguistiche”, mi interessa raccontare ciò che sto attraversando, ciò che stiamo attraversando. Non è un momento sicuramente bello, piacevole, i momenti belli e piacevoli sono estremamente rari, noi stiamo attraversando un buio importante. »

In quale autore classico le sarebbe più semplice rispecchiarsi e perché? Da quale invece si sente più distante?

«Sin dalla prima gioventù, io iniziai a leggere Ungaretti. Egli ha lasciato un segno indelebile nella poetica italiana. In primis credo che egli sia il più grande poeta, non solo del ‘900, ha una sua potenza, una sua sintesi, una sua forza che lo contraddistinguono da tutti. Caproni è un altro autore che amo profondamente, così come Sandro Penna. Senza dimenticare anche un autore modenese, che spesso non si conosce abbastanza, è un autore che ha vissuto nei primi del ‘900, si chiama Guido Cavani e mi ha lasciato molto con la sua vita.

Mi vedo un pochettino più lontano dalla comodità di Montale e dal suo utilizzo di immagini e parole troppo distanti da ciò che sono io. Egli ha una poesia complessa, ricercata.»

Lei, infermiere di sala operatoria di professione, nonché guida degli studenti tirocinanti frequentanti il corso di laurea in Scienze Infermieristiche, è sempre in pieno contatto con i giovani. Quale messaggio vorrebbe lanciare ai ragazzi?

«Ribellatevi! Il messaggio che vorrei lanciare ai ragazzi è di ribellarsi con coscienza. Ribellarsi dai compiti imposti senza un progetto, senza un domani, solo per un mero bisogno di far quadrare il giorno. Una ribellione di menti, per uscire appunto da questo tunnel dove siamo schiavi del giorno, dobbiamo essere protagonisti di questo giorno, non dobbiamo nasconderci nelle nostre paure, ma uscire allo scoperto. Nel mondo ci sono pochissime sicurezze, che sono veicolate da una scena politica che lavora appositamente per questo.»

La redazione del XXI Secolo coglie l’occasione per ringraziare sentitamente il poeta Nicola Manicardi per il tempo dedicato all’intervista, nonché per l’intervista stessa, accettata tempestivamente e svoltasi in maniera estremamente cortese. La redazione coglie ancora l’occasione per augurare all’eccelso poeta una meritata carriera costellata di successi. 

Emanuele Marino
Emanuele Marino
Giornalista pubblicista, nonché studente universitario iscritto alla facoltà di Lettere Moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II

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