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L’esperimento che svela il mistero del manto zebrato

Cavalli travestiti da zebre e vere e proprie zebre sono stati protagonisti dell’esperimento che ha finalmente dato una risposta alla domanda: Perché le zebre hanno le strisce?

Le strisce bianche e nere dell’animale in questione sono state, finora, un mistero dell’evoluzione con cui molti scienziati, tra cui Darwin e Wallace, si sono scontrati.

Sono varie le ipotesi in merito, passando dal mimetismo alla capacità di depistare i predatori, o ancora come segni di riconoscimento all’interno del branco, controllo della temperatura corporea fino all’ipotesi che li vede come metodo per evitare gli insetti ematofagi, cioè che si nutrono di sangue e che sono portatori di malattie.

Quest’ultima ipotesi, tra quelle più credibili, è stata avvalorata dall’esperimento.

La ricerca è stata condotta dall’Università di Bristol, Gran Bretagna e dall’Università della California di Davis ed è stata pubblicata sulla rivista Plos One.

Il gruppo di ricerca, che nel 2014 ha reso più papabile e credibile l’ipotesi sugli insetti, con quest’ultimo esperimento, dove mette a confronto zebre e cavalli, lo ha certificato.

Il team di ricercatori coordinato da Tim Caro e Martin How sono andati a Hill Livery, fattoria inglese che ospitava, oltre ai tradizionali animali da fattoria, anche alcuni esemplari di zebre nate in cattività o rimaste orfane, data la complessità di avvicinare e studiare zebre allo stato brado.

L’esperimento si è svolto filmando nove cavalli e tre zebre, più un cavallo, chiamato Spot, travestito da zebra, con l’obiettivo di capire se gli insetti, in questo caso mosche cavalline o tafani, si fossero avvicinati all’animale per morderlo o se ciò potesse dipendere non solo dai colori ma anche dall’odore.

Durante l’esperimento gli scienziati hanno notato il diverso comportamento degli insetti durante la fase di atterraggio sugli animali.

Infatti, nonostante gli insetti si dirigessero in ugual modo e velocità su entrambi gli animali, durante l’atterraggio, questi, avevano difficoltà a rallentare ed ad agganciare le zebre.

Gli scienziati hanno, quindi, spiegato: “Quando volano e sono ancora in quota le mosche non scorgono le righe a causa della loro vista a bassa risoluzione ma quando si avvicinano abbastanza da vederle, le strisce possono in qualche modo abbagliarle o deviarle.

Per avvalorare l’esperimento che ha permesso di capire la funzionalità del manto zebrato, cioè come deterrente per gli insetti, è stato condotto un secondo test per capire se anche l’odore potesse essere un fattore importante.

In questo caso un cavallo è stato travestito da zebra, lasciando il muso scoperto; l’atteggiamento dell’insetto è stato lo stesso, difficoltà di atterraggio sul manto zebrato posto sul cavallo, diverso comportamento per quanto riguarda la parte scoperta dell’animale, dove tutto si è svolto nella norma.

In base ai risultati di tale esperimento, il dottor How ha spiegato che: “La ridotta capacità delle mosche cavalline di ‘guadagnare’ il mantello della zebra potrebbe essere dovuta al fatto che le strisce interrompono il sistema visivo dei tafani durante le ultime fasi del loro avvicinamento all’animale.

Il mistero sulla funzione del manto delle zebre, dopo più di 150 anni, è stato finalmente svelato.