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Cultura, un Vate traghettatore della “settima arte”

La poliedricità di Gabriele d’Annunzio è stata all’avanguardia allo spirito dei tempi in settori come la pubblicità, la politica, ed immancabilmente nell’arte. Anche la settima, il cinematografo, quella che ai tempi in cui il poeta Vate costituiva un exemplum culturale italiano anche all’estero, stava prendendo, fino a diventare nell’arco di un ventennio un’industria nuova anche in Italia.

I primi contatti con l’industria cinematografica, tanto vicina, tanto lontana a quella del palcoscenico, avvenne durante l’esilio francese. Nel 1909 fu stipulato un contratto tra il Vate e la “Milano-Films”, in cui d’Annunzio concedeva sei soggetti dietro compenso di 2.000 lire annuo. Ma l’anno seguente la vicenda finì in tribunale, per l’inadempienza del poeta a causa dei debiti.

Vero approdo al cinematografo arriverà con il produttore torinese Arturo Ambrosio. Nel maggio 1911 questi si impegnò con il poeta con un accordo annuo, sulla base di 4.000 lire per ogni pellicola e l’esclusiva per la trasposizione cinematografiche di alcune delle sue opere teatrali già di successo e rese immortali dall’interpretazione Duse-Zacconi, soprattutto in Francia, come “La Gioconda”, “L’Innocente” e “La figlia di Iorio”.

Proprio “La Gioconda”, cortometraggio del 1912 diretto da Luigi Maggi, fece parte di quella che fu definita “serie dannunziana“, serie di cortometraggi muti che tra il 1911 e il 1912 riuscì a portare sullo schermo in bianco e nero le opere dell’autore pescarese. Nonostante il soggetto fosse puramente di mano dannunziana, contribuì ai vari vuoti lasciati dal poeta alla sceneggiatura Arrigo Frusta.

Ad oggi, invece, è proprio la vita pubblica e privata, sacra e profana del poeta pescarese a divenire oggetto, anche di culto dato l’incremento delle visite al “Vittoriale degli Italiani”, da parte dell’obiettivo della macchina da presa, come si evince dalla prossima presentazione alla 76esima Mostra d’arte cinematografica di Venezia de “Il Cattivo Poeta”, interpretato da Sergio Castellitto.

Domenico Papaccio
Domenico Papaccio
Laureato in lettere moderne presso l'Università degli studi di Napoli Federico II, parlante spagnolo e cultore di storia e arte. "Il giornalismo è il nostro oggi."