giovedì 18 Aprile, 2024
14.9 C
Napoli
spot_img

Articoli Recenti

spot_img

Storia dei saponari

Napoli è famosa da sempre per l’arte di arrangiarsi, per l’originalità nel creare mestieri unici, lavori che non sono sopravvissuti al tempo, ma che rimangono nell’immaginario popolare. Tra questi, il mestiere dei saponari.

La tradizione dei saponari risale al’400, fin da quel tempo hanno percorso le strade della città con un tipico carrettino richiamando le donne a venire fuori dalle case a osservare il loro prodotti e a contrattare con loro, l’invito era sempre uguale e si ripeteva come filastrocca: «Robba ausata, scarpe vecchie, simme lente, stamme ccà! Bona ge’! Aprite ‘e ‘rrecchie, sapunaro, sapunà’!»

Sicuramente meno noto è il legame che questo mestiere ha con i monaci Olivetani, eppure, è grazie a loro che nasce. Infatti, nel XV secolo i monaci Olivetani per comprare i mobili per il loro convento a Monteoliveto, che si trova accanto alla Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi vicino Piazza del Gesù, pagavano i falegnami con il sapone prodotto da loro. La quantità di sapone che i falegnami ricevevano da questo baratto era di molto superiore a quella che serviva loro per la cura del proprio corpo o della casa e così lo rivendevano traendone un doppio profitto.

Prendendo spunto da questa situazione di baratto, il saponaro divenne un vero e proprio lavoro. Divenne il mestiere di chi non possedeva altra arte, di coloro che non avevano avuto una formazione come quella degli altri artigiani che appartenevano a delle categorie di mestiere. Proprio per questo motivo i saponari venivano mal visti dagli altri commercianti o artigiani e da qui anche il valore dispregiativo che spesso è stato legato alla parola saponaro, usata per riferirsi a qualcuno non capace in nessun’arte particolare.

In realtà la bravura di questi commercianti era proprio nell’abilità con cui praticavano il baratto, riuscendo a convincere le donne ad acquistare il loro sapone o il loro prodotti in cambio di qualsiasi oggetto che poi riuscivano a rivendere o comunque a sottoporre a altri riciclaggi.

A questo mestiere dobbiamo anche una famosa espressione della lingua napoletana, nasce infatti così il detto “ccà ‘e pezze e ccà ‘o sapone” che indica proprio lo scambio che era alla base di questo mestiere, solo in rari casi lo scambio avveniva tramite soldi. Un mestiere che racchiude in sé tutta l’originalità e fantasia di un popolo.